Per accettare di pubblicare un articolo, Nature ha delle richieste molto severe. Deve essere un risultato di grande impatto e certamente il primo del suo genere. Si parla di scoperte, mai di conferme.
Per questo è molto strano leggere un titolo che recita “An absence of neutrinos associated with cosmic-ray acceleration in gamma-ray bursts”.
I dati sono stati raccolti dal rivelatore ICE Cube, un impressionante strumento che ha perforato il ghiaccio dell’Antartide, spingendosi fino a profondità di 2,5 km, con lunghissime stringhe di rivelatori per misurare il flusso dei neutrini celesti. I neutrini sono particelle che interagiscono pochissimo con la materia e risultano quindi difficilissimi da rivelare. Per aumentare la probabilità di beccarne qualcuno bisogna disporre di rivelatori di grandissime dimensioni: in questo caso un kilometro cubo di ghiaccio in Antartide costellato da più di 5.000 sensori.
Utilizzando IceCube durante il periodo di costruzione, mentre venivano ancora calate nel ghiaccio nuove stringhe di rivelatori, non è stato visto nessun neutrino in corrispondenza di circa 300 lampi gamma rivelati dal satellite SWIFT dall’aprile 2008 al maggio 2010. Sono stati scelti i GRB esplosi nell’emisfero nord, in modo da costringere gli eventuali neutrini prodotti ad attraversare la terra. È un espediente che viene normalmente utilizzato per combattere il rumore di fondo dovuto alla pioggia di particelle cosmiche che viene dall’alto. Selezionando solo segnali che vengono dal basso del rivelatore, siamo sicuri di liberarci dei segnali dovuti ai raggi cosmici che non sono certo in grado di attraversare indenni la massa della terra. Questa è una prerogativa solo dei neutrini.
L’astronomia dei neutrini è ancora nella sua infanzia. Ricordiamo che l’unica sorgente che viene rivelata con continuità è il Sole, che pure ha sfidato per decenni i rivelatori dei neutrini producendo un flusso decisamente più basso di quanto fosse previsto sulla base della conoscenza di fisica nucleare. È stato necessario introdurre il concetto di oscillazione dei neutrini per spiegare i risultati solari. La seconda sorgente è stata la supernova 1987 A, una supernova avvenuta nella Grande Nube di Magellano, una galassia relativamente vicina, satellite della Via Lattea, che ha prodotto un manciata di neutrini in coincidenza con l’evento esplosivo, una emissione largamente prevista dalla teoria ma mai osservata prima. Dato questo panorama osservativo, la non rivelazione di eventi che sappiamo avvenire a distanza cosmologica non è una notizia di quelle che fanno cadere dalla sedia.
Per trasformare una non rivelazione in un risultato degno di comparire su Nature bisogna dimostrare che le implicazioni sono profonde. Qui sta l’abilità dei colleghi di IceCube, che riescono a dimostrare che la mancanza di neutrini mette in difficoltà le teorie che legano la produzione di raggi cosmici di altissima energia proprio alle supernovae superenergetiche che danno origine ai lampi gamma in lontanissime galassie.
L’assenza di neutrini potrebbe avere implicazioni sulla velocità di espansione della fireball, un paramentro importantissimo per la comprensione della fisica dei lampi gamma.
È su questa base che la collaborazione IceCube ha trasformato un non risultato in una scoperta: nessun esperto di marketing avrebbe saputo fare di meglio.