I cosiddetti “eventi di distruzione mareale” di stelle da parte di un buco nero supermassiccio (“tidal disruption events”, in inglese) sono rari. Essi avvengono quando una stella si avvicina troppo al buco nero, tanto che la forza di marea causata dal buco nero supera la forza di gravità che tiene insieme la stella, in modo tale da distruggerla. Quando ciò accade, metà della massa della stella viene espulsa dal sistema, mentre la metà rimanente viene accresciuta dal buco nero, rilasciando in tal modo una gran quantità di energia in poco tempo, e causando così un improvviso aumento della luminosità del sistema.
Sappiamo che al centro di molte galassie (inclusa la nostra) risiede un buco nero supermassiccio, con masse tra il milione e il miliardo di volte la massa del Sole. Se l’ambiente che circonda il buco nero è ricco di gas, l’accrescimento del gas avviene con tassi elevati, dando luogo alla fenomenologia dei Nuclei Galattici Attivi. I buchi neri quiescenti, che risiedono in ambienti poveri di gas, sono molto più difficili da studiare, a meno che non avvenga uno di questi eventi di distruzione mareale, che li fa risplendere come se fossero un Nucleo Attivo, per un tempo limitato (da qualche mese a qualche anno).
Sull’ultimo numero di Nature, si riporta la scoperta di uno di questi eventi (Gezari et al., Nature), avvenuta tramite l’analisi dettagliata dell’andamento temporale della luminosità. L’importanza specifica di questa scoperta sta nella precisa determinazione dei parametri del sistema, proprio grazie all’accurato campionamento della luminosità e a misure spettroscopiche, che insieme hanno permesso di dimostrare che la stella distrutta era il nucleo ricco di elio di una gigante rossa che aveva precedentemente perduto il suo inviluppo di idrogeno, probabilmente a causa dello stesso effetto mareale che ha poi portato alla sua completa distruzione.
Fino a pochi anni fa, tali eventi, seppur predetti teoricamente, erano largamente sconosciuti. E’ stato solo negli ultimi anni, e in particolare a partire dall’anno scorso, grazie a specifiche campagne osservative di monitoragio di un gran numero di galassie, che gli astronomi hanno cominciato ad esplorare questo nuovo fenomeno. L’anno scorso sono stati scoperti altri tre eventi simili, tra cui il cosiddetto “burst di Natale”, descritto come un evento mareale da un gruppo di ricerca italiano (Campana et al., Nature, 2011), che erano però caratterizzati da forte luminosità nella banda X, mentre l’evento appena scoperto emette soprattutto energia nelle bande ottiche ed ultraviolette.
Gli eventi di distruzione mareale avvengono molto vicini al buco nero (nel caso specifico, la distanza di minimo approccio della stella era solo sei volte più grande dell’orizzonte degli eventi del buco nero) e permettono quindi di studiare effetti legati alla relatività generale. Purtroppo, gran parte dei modelli teorici a disposizione, inclusi quelli usati nel caso specifico, non includono tali effetti e quindi non permettono di distinguere, per esempio, un buco nero rotante da uno non rotante. Il fatto che cominciamo ad osservare diversi di questi eventi significa che presto potremo utilizzarli per sondare in profondità l’estremo campo gravitazionale generato da un buco nero.
* Università di Milano e associato INAF
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo on line sul sito web di Nature “Black holes: Star ripped to shreds” di Giuseppe Lodato
- Leggi l’articolo on line sul sito web di Nature “An ultraviolet–optical flare from the tidal disruption of a helium-rich stellar core” di S. Gezari et al.