IL «GIGANTE BUONO»? È CALDO MA NON TROPPO

Quale compagno per altre Terre?

Gli esopianeti di tipo “hot Jupiter” hanno una probabilità più elevata, rispetto ad altri tipi di giganti gassosi, di ritrovarsi in solitudine attorno alle stelle che li ospitano. Lo rivela uno studio basato sulle osservazioni della sonda Kepler della NASA.

     08/05/2012

Un fotomontaggio con Giove e i suoi satelliti Galileo, Io, Europa, Ganimede e Callisto. Credit: NASA/Jet Propulsion Laboratory

A caccia di pianeti simili a Giove per trovarne uno come la Terra. È un trucco al quale ricorrono spesso gli astronomi alla ricerca di pianeti extrasolari. Un trucco del tutto legittimo e ben comprensibile: un gigante della stazza di Giove è infatti assai più facile da individuare rispetto a una pulce come il nostro pianeta. Poi, una volta che ci si sia imbattuti in un gigante gassoso, affinando le osservazioni e analizzando precisi parametri si procede ad accertare l’eventuale presenza di compagni più piccoli.

Ma non tutti i pianeti simili a Giove sono uguali: quanto a indicatori dell’esistenza di fratelli minori, alcuni sembrano essere assai più promettenti di altri. È quanto ha scoperto un team guidato da Jason Steffen, del Fermilab Center for particle Astrophysics. Analizzando i dati raccolti dalla missione Kepler, Steffen e colleghi si sono accorti che nessuno dei 63 cosiddetti hot Jupiter system individuati dalla sonda NASA mostra segni che suggeriscano l’esistenza di pianeti compagni. Le spiegazioni non mancano. Può essere che gli ambìti compagni, in effetti, proprio non ci siano. Oppure, che siano troppo piccoli per essere rilevati da Kepler. O ancora che il problema non sia dovuto alle dimensioni o alla massa, bensì alla configurazione delle loro orbite, tale da rendere invisibili i pianeti compagni.

In ogni caso, zero su 63 sono davvero pochi: come dire, uno hot Jupiter (termine che potremmo tradurre con “Giove bollente”: grande più o meno come Giove, ma vicinissimo alla stella madre, con un periodo orbitale di appena tre giorni), più che rivelare la presenza di altre Terre, sembra rappresentare il segnale ideale per suggerirne l’assenza. Ma non c’è da disperare: le cose vanno assai meglio con altri tipi di giganti gassosi. Passando infatti dai sistemi hot Jupiter a quelli hot Neptune (grandi più o meno come Nettuno), il numero di potenziali compagni sale a 2 su 222. Ancor più promettente la presenza di un “Giove tiepido”: su 31 sistemi di tipo warm Jupiter (grandi sempre come Giove, ma con orbite più distanti dalla stella rispetto ai giganti hot, e dunque meno bollenti), sono ben 3 – dunque, quasi il 10% – quelli che potrebbero contenere pianeti rocciosi.

Ma cosa significano queste differenze? «L’implicazione di questi risultati è che i sistemi con pianeti simili alla Terra si formano in modo diverso rispetto ai sistemi di tipo hot Jupiter», spiega Alan Boss della Carnegie Institution, fra i coautori dell’articolo appena pubblicato su PNAS. «La nostra ipotesi è che i “Giove bollenti” si formino inizialmente lontano dalla loro stella, per poi migrare verso di essa in un secondo tempo. E sarebbe proprio questa migrazione a impedire la formazione di pianeti simili alla Terra. Se il nostro Sole avesse avuto un “Giove bollente”, non saremmo qui».

Per saperne di più:

  • Leggi su PNAS l’articolo “Kepler constraints on planets near hot Jupiters” di Jason H. Steffen, Darin Ragozzine, Daniel C. Fabrycky, Joshua A. Carter, Eric B. Ford, Matthew J. Holman, Jason F. Rowe, William F. Welsh, William J. Borucki, Alan P. Boss, David R. Ciardi, and Samuel N. Quinn