Sono circa 4700 gli asteroidi potenzialmente pericolosi per la Terra, quelli con diametro superiore ai 100 metri. Lo sostiene il più completo “censimento” di cui disponiamo, appena reso pubblico dalla NASA che lo ha ottenuto elaborando i dati del satellite Wide-field Infrared Survey Explorer (WISE).
Gli specialisti chiamano questi oggetti PHA, o Potentially Hazardous Asteroids, un sottogruppo dei near-Earth asteroids. Sono quelli con le orbite più vicine a quella della Terra (entro gli otto milioni di chilometri di distanza) e abbastanza grandi, nella malcapitata ipotesi di una collisione, da passare indenni attraverso l’atmosfera terrestre e colpire la superficie del nostro pianeta causando danni su scala almeno regionale. Il progetto NEOWISE, i cui risultati saranno pubblicati su Astrophysical Journal, ha usato i dati del satellite WISE, che prima di “ibernarsi” all’inizio del 2011 ha osservato il cielo nella banda infrarossa catalogando milioni di oggetti, tra cui galassie, stelle in formazione e appunto asteroidi. NEOWISE ha scattato immagini di circa 600 asteroidi, circa 135 dei quali non conosciuti in precedenza. Il fatto di osservare in luce infrarossa ha permesso di studiare sia gli oggetti illuminati che quelli in ombra, arrivando a una stima più attendibile del numero complessivo di questi oggetti.
NEOWISE ha usato 107 PHA conosciuti come un campione statistico in base a cui fare previsioni su numero e caratteristiche dell’intera popolazione di cui fanno parte. Un sondaggio insomma, più che un vero censimento. I ricercatori hanno concluso che ci devono essere circa 4700 PHA (ma con un sostanzioso margine di errore di più o meno 1500), solo il 20-30 per cento dei quali è stato già scoperto.
“È un numero che non deve né preoccuparci né lasciarci indifferenti” commenta Giovanni Valsecchi, dello INAF-IAPS di Roma. “Questa cifra fornita dalla NASA è un passo in più per lo studio di un fenomeno la cui conoscenza è cresciuta molto negli ultimi dieci anni. Sostanzialmente è il numero che ci aspettavamo, e questi oggetti sono costantemente all’attenzione degli astronomi. Se questo è il numero complessivo vuol dire che ne conosciamo una frazione non grandissima, ma nemmeno trascurabile, e man mano che passano vicino alla terra li studiamo e cataloghiamo con maggior precisione”.
Un elemento in più della nuova analisi NASA è che circa il doppio dei PHA, rispetto a quanto si pensava, si trova su orbite “a bassa inclinazione”, quelle più allineate con il piano dell’orbita terrestre. Il che è interessante, perché questi asteroidi hanno maggiori probabilità di avvicinarsi alla Terra e sarebbero più adatti per future missioni di esplorazione, robotiche o addirittura umane. Anche prima di arrivare a tanto, però, la ricerca sui PHA continuerà a spron battuto nei prossimi anni, e non solo alla NASA.
“Quella americana finora è stata l’agenzia più attenta a questo problema, e ci possiamo aspettare un ulteriore incremento della sua attività” spiega Valsecchi. “Ma stanno entrando in campo anche le altre. L’ESA ha finalmente deciso di partocinare questo tipo di studi, e sta fornendo una base finanziaria per mantenere e migliorare il sistema di calcolo nato in Italia nel 1999, addirittura prima della NASA, che verrà trasferito in ambito ESA e poi accresciuto (è il progetto NEODyS, sviluppato originariamente all’Università di Pisa, ndr). L’agenzia giapponese ha già fatto una missione che ha riportato a terra campioni di un asteroide (è la missione Hayabusa, rientrata a Terra nel 2010, ndr). L’ESA potrebbe fare altrettanto nei prossimi anni, mentre cinesi e russi vogliono contribuire con telescopi da Terra allo studio di questi oggetti”.
“L’ ESA ha in mente di creare un Minor Planet Center all’ESRIN, a Frascati” conferma Claudio Portelli dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). “Quanto alle missioni verso gli asteroidi, lo scopo è quello di studiare le loro tipologie per capire di che cosa sono composti e se possono essere deviati o distrutti nel caso la loro traiettoria rappresenti un pericolo di impatto per la Terra. Alle Nazioni Unite, è stato creato da qualche anno un gruppo di lavoro che si occupa di definire le regole internazionali per un eventuale intervento, di definire l’azione concordata e di trovare le risorse collettive per studiare nuove missioni di investigazione, atterraggio, prelievo di campioni da riportare sulla Terra, e deflessione della rotta di impatto”.
Insomma, la guardia resta alta, e in futuro questi oggetti avranno sempre meno segreti. E se uno di loro dovesse davvero avvicinarsi pericolosamente alla Terra saremmo, si spera, in grado di prevederlo in tempo per correre ai ripari.