Ancora laghi di metano su Titano, la luna di Saturno che grazie ai dati della sonda Cassini si è dimostrato da tempo uno dei corpi più interessanti del Sistema solare. Soprattutto per la sua atmosfera complessa, con tanto di nuvole pioggia e appunto laghi, in tutto simili a quelli che si trovano sulla Terra ma con il metano al posto dell’acqua.
Se finora i laghi di metano erano stati individuati nelle regioni polari, ora una ricerca pubblicata su Nature di questa settimana (ancora una volta basata sui dati raccolti dalla missione ESA/NASA/ASI che dal 2001 orbita attorno al sistema di Saturno) rivela che ve ne potrebbero essere altri nelle regioni equatoriali. Particolarmente interessanti, perché a differenza di quelli ai poli sarebbero riforniti da depositi di metano sotto la superficie, e non dalle piogge.
Lo studio è firmato da Caitlin Griffith e colleghi dell’Università dell’Arizona, che usando lo strumento VIMS (Visual and Infrared Mapping Spectrometer) hanno analizzato le immagini riprese nelle lunghezze d’onda del vicino infrarosso su un’area nella regione tropicale di Titano, tra i 20 gradi Nord e i 20 Sud di latitudine. Nel loro insieme le immagini, riprese tra il 2004 e il 2008, evidenziano una regione scura ovale, di circa 60 x 40 km. Lo spettro analizzato per quella regione è coerente con una superficie nera, quindi metano liquido sulla superficie. I modelli della circolazione atmosferica di Titano dicono però che il metano viene trasportato dall’equatore verso i Poli, e non viceversa. Inoltre se il lago fosse rifornito solo dalle piogge evaporerebbe durante la stagione secca, mentre le immagini di Cassini mostrano che si tratta di una struttura permanente. Secondo gli autori, un lago di metano a quella latitudine si spiega solo con la presenza di un deposito sotterraneo, proprio come avviene per le oasi nel deserto terrestre. Questo deposito deve essere ancora attivo, o esserlo stato negli ultimi 10.000 anni. Il che apre nuove, intriganti domande sulla struttura e attività geologica di Titano.
“E’ di grande soddisfazione per noi del team dello strumento VIMS vedere come questo strumento alla lunga distanza stia esprimendo tutte le sue potenzialità continuando a produrre spettacolari risultati scientifici e dimostrando che integrare in un unico strumento le capacità di una camera con quelle di uno spettrometro sia stata un approccio lungimirante” commenta Fabrizio Capaccioni, dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell’INAF, membro del team di VIMS.
Per Enrico Flamini, coordinatore Scientifico dell’ASI e da molti anni Program Manager della partecipazione italiana alla misione Cassini-Huygens, “Cassini continua ad essere una macchina meravigliosa che produce nuovi risultati e scoperte. La missione è ancora giovane, in buona salute ed attiva”