Il deserto del Cile non sarà proprio Marte, ma per certi versi gli somiglia. E almeno lì, in una delle sue prima prove “su strada”, il prototipo “Seeker” dell”Agenzia Spaziale Europea (ESA), progenitore dei rover autonomi di nuova generazione che dovranno un giorno esplorare il pianeta rosso, se l’è cavata bene.
“La sfida era dimostrare che un rover planetario, programmato con il miglior software per la navigazione autonoma e in grado di prendere decisioni, può attraversare 6 km di un ambiente simile a quello marziano e ritornare al punto di partenza” ha spiegato Gianfanco Visentin dell’ESA, che ha seguito i test appena conclusi nel deserto di Atacama, proprio nei pressi del telescopio VLT (Very Large Telescope) dell’ESO.
Il problema dei rover marziani è che non possono essere comandati da Terra, perché ci vogliono circa 40 minuti perché un segnale radio faccia il viaggio avanti e indietro da Marte. Devono quindi essere programmati per muoversi autonomamente. Il rover della missione ExoMars, che sbarcherà sul Pianeta Rosso nel 2018, sarà perfettamente in grado di farlo, spiega Visentin. Ma si limiterà a “viaggetti” di 150 metri al giorno, per non più di 3 kilometri nel corso dell’intera missione. Missioni successive a ExoMars dovranno porsi obbiettivi più ambiziosi, con i rover che copriranno quotidianamente distanze anche cinque o dieci volte maggiori.
“L’obiettivo principale è la missione Sample Return, che dovrà riportare sulla Terra campioni di Marte” spiega Visentin a MediaInaf. “Lo scenario che si prospetta è quello di un sample fetching rover, che verrà fatto atterrare, poi dovrà muoversi fino a trovare una cache in cui una missione precedente ha salvato i campioni prelevati. Ma anche nella migliore delle ipotesi non saremo in grado di atterrare su Marte con una precisione oltre i 7/8 kilometri. Il rover dovrà percorrere probabilmente 15 km per arrivare alla cache e tornare indietro, e in tempo ragionevolmente breve”.
Rischiando di perdersi, perché laggiù non ci sarà nessun GPS ad aiutarli, e le mappe di Marte memorizzate dal software non basteranno a evitare gli ostacoli. “Il rover può determinare la sua posizione solo calcolando quanto si è spostato dal punto di partenza, ma questo ha un margine di errore che sulla lunga distanza si traduce in un’incertezza troppo rischiosa” spiega ancora Visentin. “Marte è stato molto osservato dall’orbita, e ne abbiamo buone mappe con una risoluzione di circa 1 metro. Però un ostacolo di un metro per un rover di quelle dimensioni è già insormontabile. La mappa non serve a evitare gli ostacoli, ma viene utilizzata per individuare dei punti di riferimento visibili, oggetti che spiccano e possono essere riconosciuti. In questo modo il rover può capire dove si trova, proprio come facciamo noi camminando in una città che conosciamo poco”. I test compiuti in Cile volevano verificare la possibilità di stabilire la posizione su una mappa con una accuratezza di un metro, usando la visione stereoscopica del rover per misurare gli spostamenti e pianificare la rotta.
Dopo alcuni test al chiuso, il “Seeker” è stato portato a fine maggio nella zona di Atacama, per molti versi simile all’ambiente marziano, dove è stato istruito per percorrere un anello di 6 km circa, muovendosi a meno di un km all’ora. Alla fine, complice anche il caldo torrido che ha surriscaldato eccessivamente il rover, la prova si è dovuta fermare a 5,1 km. “Ma è stato un ottimo risultato, considerando la diversità dei terreni incontrati, delle condizioni di luminosità, e soprattutto il fatto che fosse il primo test su grande scala di un rover ESA” conclude Visentin, confermando che altri test seguiranno presto. Prossimo passo: un test a febbraio 2013 nel deserto del Marocco con una copia del rover di Exomars con tutti strumenti a bordo, che gli scienziati proveranno a controllare in remoto.