Ci aveva già provato, il telescopio spaziale Chandra della NASA, a catturare eventuali residui d’emissione in banda X dai resti di quell’esplosione. Fra il 2000 e il 2001 aveva mantenuto lo sguardo fisso lì, verso il braccio a spirale di M83, per ben 14 ore. Ma gli andò buca: nessun fotone s’incanalò nel tunnel dorato dei suoi specchi per le alte energie. Del resto, la supernova sotto osservazione, distante circa 15 milioni di anni luce dalla Terra, era stata vista esplodere nel 1957 (da qui il nome, SN 1957D). L’anno dello Sputnik, per dire. E per quanto una fra le sue caratteristiche più salienti fosse proprio la notevole permanenza di emissione in banda radio (rilevata nel 1981) e ottica (rilevata nel 1987), segno dunque d’una stella dura a morire, il tempo per sbollire l’esplosione non le era mancato.
Ma gli scienziati del team di Chandra non si sono dati per vinti. Con una tenacia quanto meno all’altezza dell’oggetto che volevano osservare, dieci anni dopo, fra il 2012 e il 2011, hanno deciso di riprovarci. Questa volta, però, l’appostamento è durato assai più a lungo, ben otto giorni e mezzo d’esposizione. Una fra le osservazioni di galassie a spirale in banda X più profonde di sempre. Per l’esattezza, 729mila secondi. Cocciutaggine premiata: l’emissione data per persa era ancora lì, seppur fiaccata dai decenni. Si trattava solo di aver pazienza.
Una bella rivincita per Chandra, che ha mostrato d’aver tutte le carte in regola per inchiodare il “colpevole” dopo oltre mezzo secolo dal misfatto. Ma un risultato eccellente anche dal punto di vista scientifico. SN 1957D non era infatti mai stata osservata in precedenza in banda X. E i dati ora raccolti dal team guidato da Knox Long (Space Telescope Science Institute), in corso di pubblicazione su The Astrophysical Journal, contengono informazioni chiave per comprendere l’origine di SN 1957D – un’esplosione seguita al collasso d’una stella che aveva esaurito il suo carburante – e il suo probabile esito attuale: una stella di neutroni in rapida rotazione su se stessa. Una pulsar, insomma. Se l’interpretazione sarà confermata, con i suoi 55 anni si tratterebbe di una fra le pulsar più giovani mai osservate.
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo “Recovery of the Historical SN1957D in X-rays with Chandra“, in corso di pubblicazione su ApJ