VOLANO «OSPITI» D’UN SATELLITE SPIA

Undici CubeSat in orbita con l’autostop

È previsto per giovedì due agosto il lancio di un razzo Atlas 5 con a bordo 11 nanosatelliti, molti dei quali progettati e realizzati da studenti universitari con componenti commerciali, per applicazioni che spaziano dalle telecomunicazioni all’astrofisica.

     01/08/2012

Jerry Kim, uno degli studenti di Berkeley (ora ingegnere), regge il nanosatellite CINEMA, qui fotografato nel gennaio 2012 prima di essere imballato e spedito alla NASA. Crediti: Robert Sanders/UC Berkeley

Chiedereste un passaggio a un perfetto sconosciuto? Certo, un po’ di titubanza è comprensibile. Ma se quello non riparte a razzo nemmeno quando, dietro al pollice alzato, vede sbucare non uno, non due, bensì undici piccoli autostoppisti…  e se poi fosse pure disposto a portarvi letteralmente in orbita, come tirarsi indietro?

Il generoso protagonista di questo passaggio multiplo sconosciuto lo è per davvero: a parte il nome, NROL-36, di lui non si sa nulla, come si addice a un satellite spia top secret del National Reconnaissance Office. Ma il mezzo sul quale viaggia, un Atlas 5 già sulla rampa di lancio della Vandenberg Air Force Base (in California), aveva spazio a sufficienza per ospitare qualche compagno di viaggio. E così, grazie alla CubeSat Launch Initiative della NASA, un programma pensato per dare ai nanosatelliti l’opportunità di saltare a bordo di missioni già approvate, si sono fatti avanti in tanti. Degli undici che hanno superato la selezione, sei sono militari o commerciali, mentre gli altri cinque sono prototipi realizzati a scopo di ricerca da università americane. Ora tutti pronti alla partenza, in programma per domani mattina, giovedì 2 agosto, dalle 9 ora italiana.

I CubeSat, di cui già abbiamo scritto anche qui su Media INAF, sono piccoli satelliti costituiti da moduli standard (da uno a massimo tre, per questo lancio) a forma di cubo, ciascuno di circa 10 cm di lato e 1.4 kg di peso. Insomma, una sorta di lego spaziali ripieni di tecnologia. Tecnologia al tempo stesso di punta e low cost: grazie alle spese di lancio irrisorie, i nanosatelliti possono infatti permettersi di prendersi rischi che a un satellite tradizionale non sarebbero mai consentiti. Per esempio, ricorrendo a hardware commerciale, dunque con componenti non solo molto più economici di quelli strettamente space-qualified, ma anche di ultimissima generazione. Un lusso, questo, che gli esperimenti spaziali canonici si sognano.

L’ideale, dunque, per il test di strumentazione prototipale. Ma anche una palestra perfetta per i futuri ingegneri spaziali. Ed è infatti in primo luogo agli studenti che le università coinvolte hanno affidato la progettazione e la realizzazione dei cinque CubeSat a scopo di ricerca. Cinque progetti di tutto rilievo.

CINEMA e CSSWE, per esempio, sono dedicati a studi di fisica solare e alla meteorologia spaziale. Il primo, realizzato in tre anni da una squadra di 45 studenti provenienti da varie università (la University of California a Berkeley, la Kyung Hee University in Corea, l’Imperial College di Londra, l’Inter-American University di Puerto Rico e la University of Puerto Rico a Mayaguez), è dedicato, come indica l’acronimo (CubeSat for Ions, Neutrals, Electrons e MAgnetic fields), all’analisi della ring current, una corrente elettrica che circonda la Terra, dovuta a particelle cariche presenti nella magnetosfera, in grado di eccitarsi durante le tempeste solari. CSSWE, della University of Colorado, si propone invece di studiare i protoni solari analizzandone le variazioni di flusso.

Al nanosatellite sviluppato presso il Lawrence Livermore National Laboratory, STARE (Space-Based Telescopes for Actionable Refinement of Ephemeris), tocca invece il compito di monitorare la posizione e la traiettoria dei detriti spaziali. Basterebbe un cluster di 18 di questi “tutor” orbitanti, garantiscono i ricercatori, per ridurre del 99% i falsi allarmi relativi a collisioni nelle 24 ore precedenti l’istante di massimo avvicinamento con il detrito.

Volerà perlopiù con gli occhi chini il segugio Aeneas della University of Southern California, visto che il suo scopo è tracciare con precisione la posizione dei container a bordo dei cargo, anche in mare aperto, grazie a un ricetrasmettitore da 1 watt. Al contrario, sarà sempre perso verso il cielo più profondo lo sguardo di CXBN (Cosmic X-Ray Background Nanosatellite), il più piccolo e il più “astrofisico” della famiglia. A differenza degli altri quattro CubeSat universitari, costituiti tutti da tre moduli, a CXBN ne basteranno infatti due soltanto per sondare il fondo cosmico a raggi X (Cosmic X-Ray Background, o CXRB) nel range 30-50 keV. Insomma, le dimensioni saranno pure extra-small, ma le ambizioni sono di tutto rispetto.