Pare non ci sia fine alla varietà dei mondi alieni. E questa volta, a stupirci, arriva un’intera architettura planetaria del tutto inedita. Prima di aggiungerla alla collezione, proviamo a ricapitolare rapidamente cosa già abbiamo in mano. Un pianeta con un sole? Ce l’ho (ne avrò già un migliaio…). Più pianeti (dunque, un sistema planetario) con un sole, tipo il nostro Sistema solare? Ce l’ho. Un pianeta con due stelle? Ce l’ho. Anche con tre stelle? Ho pure quello… Ah sì? E più pianeti con più stelle? Mi manca! Fino a ieri avremmo risposto così. Oggi non più: dall’ultima fra le bustine di sorprese che ci regala periodicamente Kepler, il cacciatore di mondi alieni della NASA, è saltata fuori pure questa bizzarra configurazione. Novità che ha infranto più di un record, come vedremo.
La scoperta verrà pubblicata sul prossimo numero di Science solo venerdì, il 31 agosto. Ma è stata anticipata oggi a Pechino – nella notte fra il 28 e il 29 agosto, per noi che siamo in Italia – nel corso della 28esima assemblea generale dell’International Astronomical Union. Dove, davanti a una platea di circa tremila persone, l’astronomo William Welsh, della San Diego State University, coautore dell’articolo insieme a Jerome Orosz e ad altri 37 ricercatori, ha presentato un talk dal titolo “Recent Kepler Results on Circumbinary Planets”. Tradotto: gli ultimi risultati di Kepler sui pianeti (al plurale) circumbinari, vale a dire appunto che orbitano attorno a due soli – o attorno a una stella binaria, come gli astronomi chiamano le coppie di stelle che vanno a braccetto.
Dei due pianeti, uno è in fascia abitabile
Il sistema planetario con due soli, battezzato Kepler-47, dista circa 5000 anni luce dalla Terra. Come tutti i pianeti e i sistemi extrasolari scoperti da Kepler, si trova in direzione della costellazione del Cigno, perché quella è la porzione di cielo battuta dalla sonda NASA. E l’essere circumbinario non è il suo unico primato. Ma vediamo anzitutto com’è fatto.
Al centro c’è la coppia di stelle, in rapida rotazione – sette giorni e mezzo – l’una attorno all’altra. La maggiore delle due è grande quanto il nostro Sole, mentre la compagna è circa tre volte più piccola e 175 volte più debole. Insomma, chi si trovasse a prendere la tintarella da quelle parti, pur con due soli che splendono in cielo, non dovrebbe per forza cospargersi di doppia protezione UV.
Passiamo ora ai pianeti, entrambi in rotazione attorno alle due stelle. Il più vicino, Kepler-47b, è anche il più piccolo: ha un diametro pari a tre volte quello della Terra. Dei sei pianeti circumbinari a oggi scoperti da Kepler (gli altri, oltre al secondo mondo ospitato da Kepler-47, sono quelli presenti nei sistemi 16, 34, 35 e 38) è in assoluto il più piccolo. Ma è il più lontano, Kepler-47c, quello che maggiormente solletica la fantasia. Appena poco più grande di Urano (ha un diametro pari a circa 4.6 volte quello terrestre), compie una rivoluzione ogni 303 giorni: non dissimile, dunque, dai 365 giorni e rotti di durata dell’anno terrestre, è il periodo di transito davanti a una stella (o meglio, in questo caso, a due stelle) più lungo mai osservato, notano gli autori della scoperta.
Ma c’è di più: la sua orbita lo colloca nella cosiddetta “fascia di abitabilità”, vale a dire quella zona nella quale il mix fra distanza dalla stella madre e luminosità di quest’ultima è tale da essere compatibile, almeno potenzialmente, con la presenza di acqua allo stato liquido sulla superficie del pianeta. E dunque con la vita. Peccato, osservano i ricercatori, che Kepler-47c sia quasi sicuramente un gigante gassoso: circostanza, questa, che per chi già immagina che lassù possa davvero esserci la vita arriva come una doccia fredda. Ciò non toglie che sia – quarto record di questa scoperta eccezionale – il primo esempio noto di pianeta circumbinario in zona abitabile. E comunque non tutte le speranze sono perdute. «È improbabile che Kepler-47c possa ospitare la vita, ma se avesse lune abbastanza grandi», sottolinea infatti Welsh, «quelle sì che potrebbero rivelarsi mondi davvero interessanti».
Un’osservazione di mille e più giorni
Scoprire il sistema Kepler-47, e soprattutto arrivare a dati affidabili, non è stato facile. Il metodo utilizzato dal telescopio spaziale Kepler è quello della rilevazione dei transiti dei pianeti davanti alle stelle, transiti che la sonda intercetta osservando la corrispondente variazione apparente della luminosità della stella. Un metodo ormai ampiamente collaudato, ma in questo caso messo a dura prova dall’intricata architettura del sistema planetario. I ricercatori hanno infatti dovuto discriminare fra molteplici cause di variabilità: quella introdotta da una della due stelle che passava innanzi all’altra, l’eclissi parziale generata dal pianeta più interno e quella generata dal pianeta più esterno. Quest’ultima, in particolare, avvenendo una volta ogni 303 giorni soltanto, ha costretto il team guidato da Orosz a tenere sott’occhio Kepler-47 per quasi tre anni, prima di avere la certezza d’essere davanti a una configurazione mai incontrata prima nel cosmo.
Capitolo a parte, altrettanto spinoso, quello della misurazione delle caratteristiche fisiche dei due pianeti. Le osservazioni fotometriche di Kepler, da questo punto di vista, avevano ben poco da dire, ed è dunque stato necessario chiamare in aiuto telescopi terrestri – quelli del McDonald Observatory, in Texas – capaci di offrire misure spettroscopiche accurate. Un importante aiuto da Terra al quale potrà presto partecipare anche il TNG, il Telescopio Nazionale Galileo dell’INAF, situato alle Canarie (postazione adatta per osservare la porzione di cielo scandagliata da Kepler) e da poco equipaggiato con HARPS-N, lo strumento ideale per tracciare l’identikit dei mondi alieni.
Per saperne di più:
- Leggi su Science Express l’articolo “Kepler-47: A Transiting Circumbinary Multi-planet System“, di J. A. Orosz et al.
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