Ha appena compiuto 15 anni, che per un satellite artificiale non sono l’adolescenza, ma la piena maturità. La missione Advanced Composition Explorer (ACE) della NASA, in orbita dalla fine di agosto 1997 a 1500 kilometri dalla Terra, è una sentinella del “meteo spaziale”, che registra il mix di radiazioni provenienti dal Sole, dal resto del sistema solare e dalla galassia. Tutto ciò che può danneggiare i satelliti e interferire con i sistemi di telecomunicazione e navigazione usati nello spazio e sulla Terra.
Il suo lavoro principale è rilevare l’aumento di particelle in transito causato dalle espulsioni di massa coronale che avvengono sul Sole, e allertare automaticamente nell’arco di cinque minuti una serie di servizi informativi accessibili via web. Questo dà un imporante preavviso (dai 20 ai 60 minuti) a chi (gestori di satelliti o piloti di aerei di linea) deve prendere precauzione per proteggersi dalle violente radiazioni che seguiranno. Ma in 15 anni di lavoro ACE ha fatto anche molto altro, dando importanti contributi scientifici. “Fondamentalmente, rimane una missione scientifica” spiega Eric Christian, vice responsabile del progetto al Goddard Space Flight Center della NASA. “Lo chiamiamo ‘composition’ explorer, perché il suo principale obiettivo è identificare e studiare tutte le componenti della radiazione spaziale”.
I nove strumenti di cui è dotato ACE sono in grado di rilevare la grande varietà di particelle che attraversano la porzione di spazio in cui orbita, distinguendole per tipo, livello di energia, carica. Inoltre il suo compito era capire perché molte di quelle particelle viaggino a velocità maggiore di quanto gli scienziati si aspetterebbero in base alla temperatura della materia che le emette. Da dove, insomma, ricevano quella spinta in più.
Ecco allora come appare, dopo 15 anni di studi di ACE, l’eterogenea famiglia di particelle che attraversano lo spazio circostante alla Terra. Quelle più lente vengono dal vento solare, e viaggiano tra 300 e i 700 chilometri all’ora. Quelle più energetiche, chiamate solar energetic particles o SEP, arrivano ancora dal Sole, ma sono provocate dalle emissioni di massa coronale e dai brillamenti. Queste eruzioni causano vere e proprie onde d’urto che attraversano lo spazio interplanetario per grandi distanze. Infine, a energie ancora più alte ci sono i raggi cosmici galattici, accelerati dalle esplosoni di supernove.
Tutte queste informazioni hanno migliorato molto la comprensione del gigantesco sistema fatto di materia e radiazione elettromagnetica che circonda il Sole, la terra e gli altri pianeti. Ma ACE ha dato anche importanti contributi allo studio dei processi chimico-fisici che avvengono nelle supernove, appunto grazie allo studio dei raggi cosmici.
Nonostante qualche avaria minore ai suoi strumenti, ACE ha riserve energetiche a sufficienza per continuare a lavorare per un’altro decennio almeno. La sentinella, insomma, resta all’erta.