5 ottobre 1962: cinque nazioni europee, Belgio, Francia, Germania, Olanda e Svezia, firmano un accordo per fornire agli astronomi strumenti di ricerca avanzati nell’emisfero australe. È il primo nucleo di un consorzio, l’European Southern Observatory, ESO in breve, che nei successivi cinquanta anni è cresciuto fino a comprendere quindici nazioni (l’ultimo arrivo è il Brasile, primo membro non europeo), vale a dire il 30% degli astronomi nel mondo.
È in corso a Garching, nei pressi di Monaco di Baviera, nel quartier generale dell’ESO, un congresso per celebrare la ricorrenza ripercorrendo le pietre miliari tecnologiche e scientifiche che hanno scandito questi cinquant’anni con ritmo sempre più incalzante.
ESO ha costruito sulle Ande cilene, nel deserto di Atacama, gli Osservatori di La Silla e Paranal e attualmente sull’altopiano di Chajnantor, a 5000 metri di altezza, sta ultimando ALMA, un gigantesco complesso di 66 antenne radio.
L’Italia è entrata in ESO esattamente trent’anni fa, fornendo fin da subito un contributo decisivo per la costruzione di un telescopio di nuova tecnologia a La Silla, l’NTT, che a sua volta ha spianato la strada alla realizzazione di un altro gioiello tecnologico: il Very Large Telescope, un sistema di quattro telescopi ottici, ciascuno con uno specchio primario di 8,2 metri di diametro, che opera all’Osservatorio di Paranal.
Lungi da essere una nostalgica rievocazione di un passato glorioso e talvolta eroico, il meeting di Garching è l’occasione per guardare alle prossime grandi imprese, in particolare alla costruzione dell’E-ELT, il più grande telescopio del mondo, che avrà uno specchio primario di 39 metri di diametro, equivalente alla superficie di mezzo campo di calcio. Con le sue enormi capacità di raccogliere la luce degli astri l’E-ELT permetterà non solo di studiare pianeti, anche simili alla Terra, orbitanti attorno ad altre stelle, ma anche di scrutare gli oggetti più antichi e lontani, stelle e galassie primordiali, buchi neri, lampi gamma e di misurare direttamente l’espansione dell’Universo.
L’ESO è anche un ottimo esempio di come la collaborazione tra nazioni europee abbia permesso di colmare lo spread scientifico che cinquant’anni fa il nostro continente pagava rispetto agli Stati Uniti d’America e di porsi all’avanguardia mondiale nell’Astronomia, fornendo al tempo stesso innumerevoli occasioni di sviluppo di tecnologie avanzate e conseguenti spin-off al nostro sistema industriale.
Cento di questi giorni, ESO!
* Consigliere d’Amministrazione dell’INAF