Per molti giorni, circa un millennio fa, è stato l’astro più luminoso del cielo. Solo ora però arriva una risposta definitiva sull’origine dell’esplosione di supernova avvenuta nel 1006. Secondo lo studio guidato da Jonay Gonzalez Hernandez dell’Instituto de Astrofisica de Canarias (IAC) , a cui ha anche collaborato l’astronomo Luigi Bedin dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Padova, l’evento stellare sarebbe stato prodotto dalla collisione e dalla relativa fusione di due nane bianche.
Gli astronomi sono andati alla ricerca di resti stellari nella zona della deflagrazione, senza però trovare nulla. Inizialmente, infatti, si pensava che la stella esplosa dando luogo alla supernova facesse parte di un sistema binario, ma della compagna non c’era traccia.
“Abbiamo condotto una scansione approfondita, attorno al luogo in cui è avvenuta l’esplosione della supernova del 1006, con uno dei quattro telescopi da 8 metri che compongono il VLT dell’ESO in Cile” dice Bedin. “Dalle indagini non è stato individuato alcun resto di tipo stellare. Questo implica che l’evento sia stato causato da una collisione e quindi da una fusione di due nane bianche di massa simile. La loro fusione ha portato alla formazione di un oggetto degenere che è esploso senza lasciare residui al di fuori della debole nebulosa di forma rotondeggiate che ha un’estensione di circa 60 ani luce”.
Le nane bianche sono stelle di massa inferiore a 1,4 volte quella del Sole e si trovano nell’ultima fase del loro ciclo evolutivo. Questi resti stellari hanno esaurito il loro combustibile e, di conseguenza, si trovano in una fase di lento raffreddamento. Le stelle di meno di 8-10 masse del Sole, e quindi la maggior parte degli astri nella Via Lattea, termineranno la loro esistenza come nane bianche.
Quando la loro massa inizia ad aumentare fino a raggiungere il punto limite (cioè 1,4 volte quella del Sole, la cosiddetta “massa di Chandrasekhar”) esplode come una supernova ed espelle tutto il materiale nello spazio interstellare senza lasciare residui. Per decenni gli studiosi non sono riusciti a trovar nessun resto stellare e quindi sono giunti alla conclusione che solo la presenza di due nane bianche vicine poteva spiegare l’esplosione della supernova del 1006.
“Abbiamo studiato diversi tipi di stelle: giganti, subgiganti e nane. Solo quattro stelle giganti sono ad una distanza compatibile con il resto di supernova del 1006, circa 7.000 anni luce, ma le simulazioni numeriche non prevedono compagni del progenitore della supernova con queste caratteristiche” spiega Bedin. “Questi nuovi risultati, insieme a quelli precedenti, suggeriscono che la fusione di nane bianche possa essere il canale preferenziale che porta alla produzione di queste violente esplosioni termonucleari”.
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