LO AFFERMA UNO STUDIO SU 544 SORGENTI

Galassie, l’evoluzione continua

Arriva dai telescopi del Keck e da Hubble una scoperta sorprendente: l’ordine che si osserva nei dischi delle galassie non risalirebbe a un’epoca antica dell’universo, come la maggior parte degli astronomi supponeva, ma sarebbe il frutto d’un processo graduale.

     22/10/2012

Nel grafico, la percentuali di dischi galattici ordinati, qui raggruppati in quattro periodi temporali lunghi circa 3 miliardi di anni ciascuno. Si può osservare un andamento costante verso percentuali crescenti di galassie ordinate mano a mano che ci si avvicina al tempo presente. In qualsiasi epoca, poi, le galassie più massicce risultano essere anche quelle più organizzate. A esibire i moti interni più disordinati, con i gas che fluiscono in direzioni molteplici e le velocità di rotazione più basse, sono invece in media le galassie più distanti e di massa minore. Crediti: NASA Goddard Space Flight Center

Galassie ben educate, le definiscono gli astronomi riferendosi all’ordine apparente che regna nei loro dischi. Ovvero, galassie popolate da centinaia di miliardi di stelle che ruotano ubbidienti, tutte più o meno nella stessa direzione, dando forma alle spettacolari architetture immortalate negli scatti del telescopio spaziale Hubble e dei suoi colleghi, terrestri e non. Ma da quando hanno imparato a comportarsi così a modo? Fino a oggi, l’ipotesi prevalente era che l’ordine dei dischi galattici risalisse a circa 8 miliardi di anni fa: a quella che viene chiamata, appunto, “epoca dell’assestamento” (the epoch of disk settling). Uno studio appena uscito su The Astrophysical Journal rimette ora in discussione questa ipotesi, affermando che le forme odierne, così ben organizzate, sono in realtà il prodotto d’una sorta d’evoluzione molto più graduale. Un’evoluzione che non ha mai smesso d’arrestarsi.

«La tendenza che abbiamo osservato», spiega infatti la prima autrice dell’articolo, Susan Kassin, astronoma del Goddard Space Flight Center della NASA, «mostra che le galassie, da allora, hanno continuato a cambiare». Ma perché gli scienziati se ne sono accorti soltanto ora? La risposta, come spesso accade, pare stia nella scelta del campione osservato. Scelta che, sostengono i 14 autori dell’articolo, nelle ricerche condotte in passato tendeva a escludere le galassie più “maleducate”. «Gli studi precedenti rimuovevano le galassie che non somigliavano ai dischi rotanti ben ordinati comuni nell’universo odierno», sostiene Benjamin Weiner, astronomo presso l’Università dell’Arizona e coautore dell’articolo. «Trascurandole, finivano per prendere in esame solo i rari esemplari già “ben educati” presenti nell’universo remoto, finendo così per concludere che da allora le galassie non sono cambiate».

Del nuovo campione (nome in codice DEEP2), studiato con i telescopi hawaiani dell’osservatorio del Keck e con lo Hubble Space Telescope, fanno parte al contrario galassie belle e brutte, ordinate e non, in un intervallo compreso fra i 2 e gli 8 miliardi d’anni luce di distanza e con una massa che va dallo 0.3% al 100% di quella della Via Lattea. Unico criterio d’accesso: esibire linee d’emissione spettrale sufficientemente nitide da permettere ai ricercatori di determinare il moto delle sorgenti (stelle e nubi di gas) presenti all’interno delle stesse galassie. Insomma, un campione molto eterogeneo e molto ampio: ben 544 esemplari, per ognuno dei quali sono stati misurati, oltre alla velocità di rotazione delle stelle attorno ai nuclei centrali, anche i moti disordinati.

E la nostra amata Via Lattea, che quanto a ordine ed eleganza non ha nulla da invidiare? Anch’essa, suggeriscono gli autori, deve aver attraversato un periodo d’evoluzione burrascoso, proprio come le galassie del campione studiato, per poi raggiungere gradualmente il suo stato attuale, mentre anche il Sole e il Sistema solare prendevano forma.

Per saperne di più:

  • Leggi su ApJ l’articolo “The Epoch of Disk Settling: z~1 to Now“, di Susan A. Kassin, Benjamin J. Weiner, S. M. Faber, Jonathan P. Gardner, C. N. A. Willmer, Alison L. Coil, Michael C. Cooper, Julien Devriendt, Aaron A. Dutton, Puragra Guhathakurta, David C. Koo, A. J. Metevier, Kai G. Noeske e Joel R. Primack