La busta è stata recapitata, nel 2010, a casa di 5100 persone. Un campione della popolazione degli Stati Uniti d’età compresa fra i 37 e i 40 anni. Dentro, un questionario lungo una ventina di facciate. E a pagina 10 un’immagine presa dallo Hubble Space Telescope. Quella mostrata qui a lato. Cosa rappresenta, si chiedeva? C’era spazio per una risposta aperta. E subito sotto si veniva invitati a sceglierne una fra queste sei:
a. Un altro sistema solare nel quale si stanno formando pianeti
b. Una nube di polvere cosmica nella quale si stanno formando migliaia di nuove stelle
c. Una stella che è esplosa e sta collassando fino a formare una nana bianca
d. Una galassia simile alla nostra galassia
e. Una cometa che sta cedendo materia ghiacciata mentre si muove attraverso lo spazio
f. Non lo so
Hanno rispedito il questionario compilato in poco più di tremila. E se state incontrando difficoltà a fare la vostra scelta, consolatevi: meno della metà ha azzeccato la risposta giusta. Solo il 43% del campione ha messo la crocetta di fianco alla lettera ‘d’.
Il sondaggio faceva parte di LSAY (Longitudinal Study of American Youth), uno studio longitudinale, promosso dalla National Science Foundation, che dal 1986 tasta il polso della cosiddetta Generazione X. L’analisi dei risultati relativi alla sezione astronomica esce oggi su Generation X Report, una pubblicazione periodica dell’Istituto di ricerche sociali dell’Università del Michigan.
Alcune delle correlazioni messe in evidenza sono facilmente intuibili e piuttosto intrecciate l’un l’altra, come quella fra la percentuale d’identificazioni corrette e il titolo di studio degli intervistati, o il numero di corsi di scienze seguiti al college, o ancora l’essersi imbattuti in precedenza in altre immagini di Hubble (la maggior parte di chi già ne aveva viste 4 o 5 risponde correttamente, rispetto al 19% di chi non ne aveva incontrate mai). Altre sono piuttosto sorprendenti, come quella per genere: a fianco d’un 53% di risposte corrette da parte dei maschi, per esempio, solo il 32% della metà femminile del campione opta per la galassia. Un divario, questo, che rimane più o meno costante anche all’interno dei gruppi divisi per carriera scolastica. E ascrivibile, suggeriscono gli autori, a un interesse per la cosmologia maggiore e più precoce nei maschi rispetto alle femmine.
Quanto all’affidabilità assegnata alle fonti d’informazione quando siano in gioco temi astronomici, come appunto nel caso dell’identificazione dell’immagine di Hubble, la classifica che emerge è pressoché identica fra chi ha risposto correttamente e tutti gli altri. E vede in cima il sito web della Nasa, seguito a ruota da fonti ritenute autorevoli quali le conferenze e gli spettacoli proposti dai musei e dai planetari, o alcuni programmi televisivi di divulgazione scientifica di alto livello, o ancora le lezioni tenute da docenti d’astronomia. Nella zona bassa della graduatoria figurano invece Wikipedia e le testate giornalistiche locali, sia televisive che su carta. Fanalino di coda, in quanto a credibilità in campo astronomico, i leader religiosi.
Infine, alla domanda sui finanziamenti, quelli che ritengono che il governo degli Stati Uniti spenda troppo denaro in progetti come lo Hubble Space Telescope (6-8%) sono molti meno di coloro che hanno un’opinione opposta (39-27%). È però assai elevato il numero degli indecisi (25-34%).
Ma in fondo, ci si potrebbe domandare, davvero ha tanta importanza sapere che quell’immagine rappresenta una galassia? A sentire Jon Miller, autore del rapporto nonché direttore di LSAY, la risposta è sì. «A differenza dei nostri antenati», dice, «secondo i quali la Terra era il centro dell’universo, noi sappiamo di vivere su un piccolo pianeta all’interno d’un’eliosfera che circonda una stella di medie dimensioni la quale fa a sua volta parte d’una galassia a spirale. Ci possono essere notevoli vantaggi a breve termine – diciamo per il prossimo milione di anni o giù di lì – nel sapere dove ci troviamo e nell’avere qualche conoscenza sul nostro vicinato cosmico».
Per saperne di più:
- Leggi su Generation X Report l’articolo “How many young adults know their cosmic address?“, di Jon D. Miller