Sembra l’inferno. Un ciclone dal diametro di 2500 chilometri, con enormi vortici atmosferici che ruotano con forza incredibile intorno al polo nord del pianeta gassoso, formando le più grandi tempeste che si possano immaginare.
Dopo averci tolto il fiato con la meravigliosa bellezza di questa immagine (da gustare rigorosamente aprendo il formato ad alta risoluzione), la sonda Cassini ci permette ancora una volta di mettere a fuoco i misteri di Saturno e in particolare della strana, enorme struttura esagonale di cui la tempesta in questione è solo la parte centrale, o in altre parole (per rimanere in tema) l’occhio del ciclone.
L’immagine è stata realizzata il 27 novembre scorso. Cassini guardava in quel momento il polo nord di Saturno da una distanza di circa 360.000 chilometri. L’immagine, scattata dalla NAC (Narrow Angle Camera) attraverso il filtro infrarosso per evidenziare le formazioni atmosferiche, inquadra una regione di circa 3000 Km di larghezza, con una risoluzione di 3 chilometri per pixel.
Gli scatti della sonda ricordano in modo impressionante gli uragani terrestri, ma a differenza di quanto avviene sul nostro pianeta, le tempeste di Saturno possono durare decine di anni. E raggiungere potenze inusitate.
Non ci sono ancora stime precise disponibili delle velocità dei venti e dell’altezza raggiunta dal sistema di nuvole ritratto in questa fotografia. Ma il montaggio di tutti gli scatti della camera realizzati nello stesso periodo (in tutto 14 riprese) ci permette di apprezzarne l’evoluzione e il movimento (guarda qui l’animazione).
Se fossimo in grado come in un film di fare una carrellata all’indietro, allontanando l’inquadratura e aprendo il campo di vista dello strumento, vedremmo che la tempesta è solo la parte centrale di una struttura più grande, dalla forma geometricamente misteriosa. La tempesta è infatti solo il centro di una struttura esagonale intorno al polo nord del pianeta, visibile in altre immagini inviate dalla Cassini (vedi qui). L’esistenza di questa struttura non è una novità tra gli studiosi del pianeta. E’ stata osservata per la prima volta dalle sonde Voyager negli anni 1980 e 1981 e poi ripresa nei decenni successivi, da diverse inquadrature, dalla missione Cassini, in particolare dallo spettrometro a partecipazione italiana VIMS (qui un articolo ESA sulle prime osservazioni dello strumento).
Il mistero non è del tutto risolto, ma di alcune cose i ricercatori sono sicuri: la struttura esagonale, visibile nell’infrarosso, è osservabile solo al polo nord del pianeta (il polo sud ne è privo) e sembra essere permanente o, quantomeno, avere un tempo di vita lungo. Inoltre, strutture atmosferiche di forma geometrica e di durata più o meno lunga sono osservabili altrove nel sistema solare, come la grande macchia rossa di Giove, una tempesta che dura nella atmosfera del pianeta da centinaia di anni o come alcuni tornadi terrestri che hanno recentemente ricordato forme simili sul nostro pianeta. Addirittura, nello studiare il fenomeno, i ricercatori sono arrivati a ricreare in laboratorio un piccolo esagono nell’atmosfera di un pianeta in scala, simile a quello osservato in queste fotografie. Ovviamente, con un fascino e un impatto decisamente inferiori, rispetto all’immagine originale della Cassini, arrivata sui nostri schermi da oltre un miliardo di chilometri di distanza.