Venere è un pianeta ancora attivo dal punto di vista geologico? La domanda, una tra le più dibattute nella comunità di scienziati che studiano il ‘gemello bollente’ della Terra, non ha ancora avuto una risposta definitiva, ma nuovi risultati provenienti dalla missione Venus Express dell’ESA rafforzano lo scenario che la superficie del pianeta sia tutt’altro che immutabile e priva di attività vulcanica recente. Solo due anni or sono l’analisi delle misurazioni condotte dallo spettrometro italiano VIRTIS avevano permesso di identificare tracce di rocce “giovani” in alcune colate laviche sulla superficie venusiana (già osservate in precedenza dalla missione NASA Magellan) e di stimarne l’età geologica in non più di alcune centinaia di migliaia di anni. Oggi, sempre dalla missione Venus Express, ma da un altro strumento, SPICAV, spettrometro atmosferico nell’ultravioletto e infrarosso, arrivano nuovi dati sulla composizione dell’atmosfera del pianeta e in particolare sul suo strato esterno, dove è stata rilevata la presenza di anidride solforosa. Questo composto chimico è assai abbondante negli strati più bassi dell’atmosfera del pianeta, che si stima ne contengano una quantità pari a circa un milione di volte quella presente nell’atmosfera terrestre. La scoperta sorprendente è stata proprio quella di aver trovato anidride solforosa negli strati più alti nella densa cappa gassosa che avvolge Venere, poiché i raggi ultravioletti provenienti dal Sole tendono a disgregare velocemente questa molecola. La cui abbondanza alle quote più alte potrebbe essere spiegata da eruzioni vulcaniche sulla superficie di Venere, che sprigionerebbero verso l’alto enormi sbuffi di anidride solforosa, in perfetta analogia a quello che accade anche sulla Terra.
“I risultati di Venus Express ci danno conferma che il fenomeno visto negli anni ’80 dalla sonda Pioneer Venus della NASA sul decremento dell’abbondanza dell’anidride solforosa (o biossido di zolfo) non è stato un fenomeno occasionale, ma probabilmente ricorrente o per lo meno causato da fenomeni non isolati” commenta Giuseppe Piccioni, ricercatore dell’INAF-IAPS di Roma e Principal Investigator dello spettrometro VIRTIS a bordo di Venus Express. “Una delle cause infatti, come anche ipotizzato per la Pioneer Venus, potrebbe essere stata una ‘iniezione’ di anidride solforosa prodotta da un vulcano attivo capace di spingere questa molecola fino ad altitudini molto elevate, al di sopra delle nubi di Venere, poste ad un’altezza di circa 70 km. Una iniezione di questo tipo può infatti aumentare significativamente l’abbondanza del di questo composto chimico sopra le nubi, per ridursi poi abbastanza rapidamente a causa dell’effetto distruttivo dei raggi ultravioletti solari. Questa ipotesi rafforzerebbe anche i risultati ottenuti con lo strumento VIRTIS e pubblicati su Science circa l’evidenza di un vulcanismo recente mediante le misure infrarosse della superficie di Venere. Certo è che si potrebbero immaginare altri scenari o ipotesi differenti e per certi aspetti più improbabili, quali ad esempio una fluttuazione decennale atmosferica dell’anidride solforosa ma ormai, anche visto altri risultati, possiamo immaginarci Venere sempre più come un pianeta vulcanicamente attivo senza pregiudizi”.