Le hanno denominate galassie “green bean” (galassie “fagiolino”) a causa del loro aspetto insolito e rappresentano una nuova classe di galassie.
Molte galassie hanno un gigantesco buco nero al centro, che fa brillare il gas circostante ma nel caso di questa nuova classe di galassie a risplendere è l’intera galassia, non solo il centro.
È stato l’astronomo Mischa Schirmer dell’Osservatorio Gemini a imbattersi in uno di questi oggetti mentre stava studiando molte immagini dell’Universo lontano alla ricerca di ammassi di galassie. L’oggetto ripreso dal telescopio CFHT sembrava una galassia, ma era di un verde brillante. Era diverso da tutte le galassie che avesse mai visto prima, qualcosa di totalmente inaspettato. Per approfondire la scoperta si è avvalso del Very Large Telescope dell’ESO.
Il nuovo oggetto è stato chiamato J224024.1−092748 o J2240 e si trova nella costellazione dell’Acquario. La sua luce ha impiegato circa 3,7 miliardi di anni per raggiungere la Terra.
Dopo la scoperta, l’equipe di Schirmer ha esaminato una lista di quasi un miliardo di galassie trovandone altre 16 con proprietà simili, confermate poi da osservazioni effettuate al telescopio Gemini Sud.
In molte galassie, la materia che circonda il buco nero supermassiccio centrale emana un’intensa radiazione e ionizza il gas circostante in modo da farlo brillare. Queste regioni ardenti in galassie attive tipiche sono di solito di piccole dimensioni, fino al 10% del diametro della galassia. Invece, le osservazioni di J2240 hanno mostrato che in questo caso, come nelle altre galassie “fagiolino” da allora individuate, questa regione è veramente enorme, grande come l’intera galassia. J2240 mostra una delle più grandi e più brillanti regioni di questo tipo mai trovate: l’ossigeno ionizzato si illumina di verde brillante, il che spiega il colore strano che ha attirato fin dal principio l’attenzione di Schirmer.
“Queste regioni incandescenti sono fantastiche sonde per cercare di capire la fisica della galassie – è come infilare un termometro in una galassia lontanissima” dice Schirmer. “Di solito, queste regioni non sono molto grandi né molto luminose e possono essere individuate solo in alcune galassie vicine. Invece le galassie appena scoperte contengono regioni incandescenti così grandi e brillanti che possono essere osservate in gran dettaglio, anche se molto lontane”.
La successiva analisi dei dati da parte dell’equipe ha rivelato un’altro rompicapo. J2240 sembrava avere un buco nero non molto attivo al centro, meno di quanto ci si attendesse vista la dimensione e l’intensità della regione illuminata. I ricercatori impegnati nello studio ritengono che le regioni incandescenti siano un’eco del momento in cui il buco nero centrale era molto più attivo, nel passato, e che diventeranno sempre meno brillanti a mano a mano che le ultime radiazioni dal buco nero attraversano la galassia e si perdono nello spazio.
Queste galassie evidenziano la presenza di un centro galattico sempre più debole, che segna una fase fugace nella vita della galassia. Nell’Universo primordiale le galassie erano mediamente più attive, gli enormi buchi neri al centro crescevano inghiottendo il gas e le stelle circostanti producendo così fino a 100 volte più luce di tutte le stelle della galassia messe insieme. Eco luminose come quella vista in J2240 permettono agli astronomi di studiare il processo di spegnimento dei nuclei attivi e di comprendere molto di più della loro storia: di quando, come e perchè smettono – e perchè ora vediamo solo una piccola frazione attiva nelle galassie più giovani. Questo è il prossimo obiettivo dell’equipe, che verrà perseguito con ulteriori indagini spettroscopiche e con i raggi X.
“Scoprire qualcosa di veramente nuovo è il sogno fatto di un astronomo che diviene realtà, un evento unico nella vita”, conclude Schirmer.