Presentati presso l’Area della Ricerca del CNR di Milano i risultati di un’indagine condotta dal Gruppo di ricerca del CNR “Comunicazione della scienza ed Educazione” (COMeSE) e dal Centro Interuniversitario Agorà Scienza di Torino sulla comunicazione della scienza. L’occasione la giornata di studio Ricercare e Comunicare 2012.
L’indagine, dal titolo “I fisici italiani e la comunicazione della scienza” ha coinvolto i ricercatori di alcuni importanti enti di ricerca (CNR, INAF e INFN), docenti e ricercatori universitari impegnati in studi nel campo della fisica teorica o applicata, ai quali tra gennaio e febbraio 2012 sono stati chiesti obiettivi delle loro attività di comunicazione, pubblici privilegiati, strumenti, e sono state poste domande relative al ruolo che l’attività di comunicazione della comunità scientifica può avere nella relazione tra scienza e società. Si tratta di un universo di 5335 scienziati, 2353 universitari, 832 ricercatori attivi presso l’INFN, 1500 presso il CNR e 650 all’INAF tramite metodologia CAWI (Computer-Assisted Web Interview) con risposte che hanno superato per alcuni enti (CNR e INAF) il 40% dell’universo intervistato.
Dall’indagine risulta che i ricercatori privilegiano sostanzialmente due modalità di comunicazione: incontri in conferenze, festival e mostre e attività di formazione rivolte al mondo della scuola. Considerando che spesso il pubblico di questi eventi è costituto da studenti, in generale il dato conferma il grande interesse dei ricercatori ma anche della scuola italiana ad un reciproco scambio, un elemento su cui fare leva se si pensa all’importante ruolo da molti studi attribuito all’educazione nella diffusione della cultura scientifica. Le attività di comunicazione rivolte al grande pubblico tramite la stampa e i mezzi di comunicazione di massa (televisione, radio, editoria divulgativa) si posizionano in media al terzo posto, seguite dagli interventi via internet, come blog, forum o redazione di newsletter. All’ultimo posto le attività che coinvolgono più direttamente la società civile, politici, amministratori, imprese in dibattiti e confronti pubblici dove i ricercatori sono presenti in qualità di esperti: l’impegno in queste attività oscilla tra il 10 e il 20% del campione.
L’assenza di un sostegno da parte degli enti in cui lavorano viene peraltro considerato il maggior ostacolo che i ricercatori incontrano rispetto ad un maggiore impegno personale in attività di comunicazione. Due in particolare i punti critici: gli enti non investirebbero abbastanza in iniziative di comunicazione che potrebbero coinvolgerli (lo dice il 34,9% degli intervistati); le attività di comunicazione non vengono riconosciute ufficialmente come una voce importante del curriculum di un ricercatore, che possa essere valutato ai fini nella propria carriera (lo afferma il 33,2% dei rispondenti). In tutti gli enti indagati queste difficoltà risultano essere i fattori che incidono maggiormente sulla loro partecipazione in attività di comunicazione, con un picco al CNR di oltre il 44%. Tuttavia il 33,9% ritiene che la comunità scientifica non abbia un vero interesse a comunicare. Tra gli altri problemi selezionati dai ricercatori come motivi di difficoltà ad intraprendere attività di comunicazione figurano l’ignoranza, il pregiudizio e la mancanza di interesse da parte del pubblico (26.10%); una difficile interazione con i giornalisti (23,8%), ed infine la percezione di una scarsa utilità di queste stesse attività 18,2%).
Per quanto riguarda la complessità del linguaggio scientifico, specie della fisica, considerato spesso un punto critico della comunicazione con un pubblico di non specialisti, quasi tutti i ricercatori intervistati (circa il 90%) dimostrano una certa consapevolezza del problema, dichiarando di prestare attenzione al modo con cui si esprimono, cercando di usare termini semplici, aneddoti ed esempi; non manca però chi ritiene al contempo che non sia necessario un adattamento linguistico specifico e basti un po’ di esperienza per riuscire a comunicare con le persone (30% degli intervistati).
Per concludere, secondo le autrici dell’indagine, si può affermare che tra le caratteristiche principali della comunicazione scientifica certamente primeggia una forte valenza didattica ed educativa, ma anche un interesse, molto spesso su base volontaristica e non strutturata, a parlare al pubblico di scienza.