Il 13 gennaio scorso il nostro Sole è stato caratterizzato da una Coronal Mass Ejection (CME), una sorta di bolla di plasma che si erge a grande velocità dalla superficie solare emettendo particelle solari nello spazio, capaci di raggiungere il nostro pianeta in due o tre giorni. L’evento del 13 gennaio non è stato così “imponente” da provocare disturbi al campo magnetico terrestre e quindi interferire nei sistemi di telecomunicazione sulla Terra.
Già in passato CME di questa forza, con una velocità di espansione di circa 275 km al secondo, hanno prodotto le famose aurore boreali senza però interagire con i sistemi di navigazione e telecomunicazione satellitari. Però è anche vero che tali fenomeni possono raggiungere velocità fino a dieci volte superiori, capaci di interessare “significativamente” il capo magnetico terrestre.
E’ grazie a satelliti come il Solar Terrestrial Relations Observatory (STEREO) della NASA e la missione congiunta di ESA e NASA, Solar e Heliospheric Observatory, che si studiano questi fenomeni e la loro interazione con la Terra, in sostanza lo Space Weather.
E proprio ad un esperto di fisica solare e studioso dello Space Weather, per il quale rappresenta INAF in un progetto che coinvolge anche l’INGV e il servizio meteorologico dell’Aeronautica, Mauro Messerotti, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste, ci siamo rivolti per saperne di più.
Lo abbiamo raggiunto a Torino dove è presente al Second Annual SWIFF meeting.
“La comparsa di regioni attive di dimensioni e complessità considerevoli sulla fotosfera solare – ci spiega Mauro Messerotti – indica che il ciclo di attività solare attuale, iniziato nel mese di Dicembre 2008, sta procedendo verso il suo massimo, che è previsto nel mese di Maggio 2013. Questo ciclo di attività solare si sta rivelando piuttosto modesto rispetto alle previsioni iniziali, completamente disattese, e non ha esibito fenomeni di particolare rilevanza, come, ad esempio, tempeste spaziali di intensità così elevata da perturbare il campo geomagnetico e la ionosfera terrestre in modo significativo, producendo interruzioni dell’erogazione dell’energia elettrica e delle comunicazioni radio ed interferenze ai GPS. Una possibile interpretazione imputa questo all’evoluzione dei flussi di plasma interni al Sole, che non hanno favorito la formazione di regioni attive di elevatissima complessità ed intensità’ magnetica. Non fanno eccezione i gruppi di macchie solari apparsi di recente sulla fotosfera”.
Dobbiamo quindi aspettarci un’evoluzione tranquilla di questo ciclo solare?
Non è detto, poiché non conosciamo in modo sufficientemente dettagliato la fisica e la fenomenologia dell’attività solare per poter escludere uno o più “colpi di coda” nella fase di declino del ciclo. Sappiamo, infatti, che le tempeste geomagnetiche più intense osservate nel passato si sono verificate proprio in questa fase e che il ciclo di attività in cui si e’ osservata la famosa supertempesta di Carrington (1859) era di modesta entità. Queste conoscenze derivano da continue osservazioni della nostra stella e del geospazio, la cui importanza si sta rivelando cruciale per il consolidamento della Meteorologia dello Spazio verso un livello previsionale robusto, simile a quello della Meteorologia della Terra.