PIANETI A GOGÒ, ABITABILI E GRANDI COME LA TERRA

All’ombra di un sole vermiglio

Il sei per cento delle nane rosse, le stelle più comuni della galassia, ospita pianeti grandi quanto il nostro e tutti, almeno potenzialmente, abitabili. I più vicini si troverebbero nel raggio di 13 anni luce. La scoperta grazie ai dati di Kepler.

     06/02/2013
Rappresentazione artistica di un pianeta potenzialmente abitabile in orbita, con le sue due lune, attorno a una nana rossa. Crediti: David A. Aguilar (CfA)

Rappresentazione artistica di un pianeta potenzialmente abitabile in orbita, con le sue due lune, attorno a una nana rossa. Crediti: David A. Aguilar (CfA)

Questa volta non sono “super” (a differenza di queste). Sono tutte molto “normal”, proprio come piacciono a noi. E sono tante, tantissime. Per ora, a dire il vero, ne hanno viste solo tre, di queste “Terre”. Ma, se i conti sono corretti, dovrebbero essercene 4 o 5 miliardi solo nella nostra galassia. Più o meno una per ogni essere umano. Sono le terre potenzialmente abitabili appena scoperte da Courtney Dressing e colleghi attorno alle nane rosse.

Se ci sono stelle che potremmo dir banali, sono proprio le nane rosse. Benché ammirando il cielo notturno nessuno ne abbia mai vista una, per lo meno non a occhio nudo, su quattro stelle che s’incontrano, tra quelle a noi più prossime, tre appartengono a questa classe. Se ne contano almeno 75 miliardi solo entro i confini della Via Lattea. Piccole, deboli e pallide – in media, un terzo della massa del Sole e appena un millesimo quanto a luminosità – sono l’emblema della modestia.

Ma è proprio questa loro debolezza a renderle candidati ideali per cercare pianeti abitabili. Soprattutto se il metodo al quale ci si affida è quelli dei transiti, come fa la sonda spaziale Kepler della NASA. Osservare il transito di un pianeta davanti alla propria stella madre, infatti, è tanto più facile quanto più l’orbita è stretta. Per due motivi. Anzitutto, il passaggio ravvicinato fa sì che la porzione di stella occultata sia maggiore, dando origine quindi a un segnale – la variazione di luminosità – molto più intenso. Inoltre, più il pianeta orbita vicino alla stella e più esteso è il campo di vista dal quale è possibile cogliere l’occultazione. D’altro canto, se l’intenzione è viverci, avere un sole troppo vicino non è il massimo. A meno che… il sole in questione non sia poco più che tiepido, così che anche un’orbita ravvicinata quanto una carezza possa trovarsi in fascia d’abitabilità. Come nel caso delle nane rosse: le loro mediocri fornaci nucleari viaggiano a ritmi talmente pacati che ci si può avvicinare senza timore di scottarsi.

Deve averla pensata grosso modo così anche Courtney Dressing, astronoma dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, quando insieme al suo team s’è messa a passare al setaccio l’immenso catalogo di Kepler – 158mila stelle con relative occultazioni – per estrarne tutte le nane rosse in esso elencate. Un lavoro immane, al termine del quale sono però emerse dal mucchio tre autentiche perle. Tre probabili pianeti, grandi suppergiù quanto la Terra, in orbita attorno ad altrettante stelle, distanti da noi fra i 300 e i 600 anni luce e con una temperatura superficiale di poco superiore ai 3000 gradi (sul Sole, per dire, s’arriva quasi al doppio). Il primo, KOI 1422.02, è grande il 90% della Terra, e lassù un anno dura 20 dei nostri giorni. Gli altri due, KOI 2626.01 e KOI 854.01, quanto a dimensioni sono rispettivamente 1.4 e 1.7 volte il nostro pianeta, e quanto a periodo orbitale 38 e 56 giorni.

Ma l’importanza della scoperta, annunciata oggi in conferenza stampa (e in attesa di pubblicazione su ApJ), non sta in queste tre nuove terre, che vanno ad arricchire un elenco di mondi alieni sempre più inflazionato. È la proiezione statistica che ne emerge a farci sognare: se quello di Kepler è un campione rappresentativo, spiegano gli scienziati, ciò implica che circa il 6% delle nane rosse ospita attorno a sé un pianeta abitabile. Non solo: data la loro enorme diffusione, è probabile che già nel raggio di 13 anni luce – distanza per noi umani incolmabile, ma in termini astronomici a un tiro di schioppo – ci si possa imbattere in una sorella della Terra.

Sorella ma non gemella, occorre però precisare. Se per dimensioni e temperatura queste innumerevoli terre aliene non si discostano più di tanto dalla nostra, per altri aspetti potrebbero essere profondamente diverse. L’esagerata prossimità alla stella ospite, per esempio, ha come conseguenza un’alta probabilità di blocco mareale: vale a dire che questi pianeti, esattamente come fa la Luna con noi, potrebbero avere una spiccata tendenza a volgere verso il proprio sole sempre la stessa faccia. Dunque non ci sarebbe l’alternanza fra il dì e la notte. Ma ciò non precluderebbe necessariamente la possibilità di vita: a mitigare l’escursione termica basterebbe un’atmosfera sufficientemente densa, o un oceano sufficientemente profondo, da consentire lo scambio di calore fra l’emisfero diurno e quello notturno. Insomma, come sottolinea Dressing, «non c’è bisogno d’un clone della Terra, per avere la vita».

Un’altra differenza potrebbe arrivare dall’età. Le nane rosse, rispetto alle stelle come il nostro Sole, sono assai più longeve. Dunque non ci sarebbe da stupirsi se ospitassero pianeti molto anziani. «Potremmo trovarne uno che ha 10 miliardi di anni», già fantastica l’astrofisico David Charbonneau, fra i coautori della ricerca. Ed è difficile trattenersi dal fantasticare anche noi quanto possa essersi evoluta la vita, se mai lassù ce ne fosse, con tutto quel tempo a disposizione.