Precipitare in un buco nero non capita tutti i giorni, per fortuna. Ma se anche dovessimo trovarci a vivere questa brutta avventura, l’esperienza potrebbe rivelarsi meno traumatica di quanto l’immaginazione suggerisca: stando alla fisica convenzionale, infatti, essendo in caduta libera nemmeno ce ne dovremmo rendere conto, almeno non fino all’istante della “spaghettificazione” finale, quando la differenza di gravità fra testa e piedi si farebbe così grande da “stirarci” per il lungo come nemmeno la più estrema delle diete. Da qualche tempo, però, questa rassicurante previsione – battezzata in modo significativo “No Drama” – aveva ceduto terreno a un’ipotesi più drammatica che mai. Mettendo assieme tutti i tasselli del complicatissimo puzzle, era emerso dalle equazioni un fenomeno non previsto e nient’affatto confortante: la presenza di un “firewall” (in italiano, “muro di fuoco”) attorno al buco nero, ustionante al punto da rendere la nostra ipotetica caduta tutt’altro che indolore. Una presenza inquietante anche dal punto di vista teorico, perché metterebbe in discussione un caposaldo come il principio di equivalenza di Einstein.
Ebbene, a domare l’incendio arriva ora una teoria che, tenendo in considerazione l’entanglement fra particelle poste al di qua e al di là dell’orizzonte degli eventi, pare in grado di risolvere il paradosso, restituendoci così la serenità di una discesa spensierata. Pubblicata su Physical Review Letters, la teoria affronta il problema con gli strumenti dell’informazione quantistica, ed è firmata da Samuel Braunstein, Karol Życzkowski e dall’italiano Stefano Pirandola, professore associato all’Università di York.
Professor Pirandola, partiamo da questo “muro di fuoco”: è solo una metafora o una vera e propria sfera fiammeggiante?
«Secondo la teoria del firewall, si dovrebbe creare uno stato altamente energico attorno al buco nero. Più esattamente, in prossimità dell’orizzonte degli eventi, che corrisponde alla “zona di cattura” del buco nero, un osservatore sperimenterebbe temperature via via più elevate. Questo accadrebbe anche quando il buco nero è supermassivo ovvero la curvatura del suo orizzonte è praticamente piatta. Ora quest’ultimo scenario andrebbe in contraddizione con il principio di equivalenza di Einstein, per cui un osservatore in caduta libera (uniformemente accelerato) non dovrebbe rilevare nessun effetto locale dovuto alla gravità. Immaginate un astronauta all’interno di una capsula completamente chiusa che viene attratta dal buco nero supermassivo. Secondo Einstein, l’astronauta non si accorgerebbe di nulla, mentre la teoria del firewall prevederebbe una fatale sauna per il povero esploratore!»
Sauna fatale che però i vostri risultati sembrano scongiurare. Come siete riusciti a domare le fiamme di questo paradosso?
«La nostra teoria risolve il paradosso del firewall ricorrendo all’entanglement quantistico, ovvero quella proprietà delle particelle elementari di potersi correlare perfettamente tra di loro, in maniera tale che qualunque azione su di una particella si trasmette istantaneamente su di un’altra, senza la necessità di una interazione diretta. La nostra teoria considera un modello di buco nero nel quale sia presente entanglement tra la regione interna e quella esterna all’orizzonte degli eventi. Grazie a quest’assunzione, tali regioni sono ora descritte da stati energetici fondamentali ovvero sono “fredde”. In poche parole, l’entanglement attraverso l’orizzonte “estingue” il firewall. In particolare, questo accade anche per buchi neri supermassivi, per i quali si ristabilisce dunque il principio di equivalenza: niente più sauna, dunque, per l’astronauta in caduta libera».
La vostra teoria ha conseguenze anche per quanto riguarda il paradosso dell’informazione del buco nero? Quello che ha fatto perdere la scommessa a Stephen Hawking, costretto a regalare un’enciclopedia del baseball al fisico John Preskill quando saltò fuori che l’informazione della materia precipitata in un buco nero non andrebbe distrutta per sempre?
«No, la scommessa è persa di nuovo. Ma per poco. Secondo la nostra teoria, l’informazione riguardante tutta la materia che viene inghiottita dal buco nero durante il suo ciclo di vita viene poi riemessa dalla radiazione di Hawking, ma soltanto alla fine, ovvero poco prima della sua completa evaporazione».
Paradosso risolto, muro di fuoco spento, e tutto grazie all’informazione quantistica: il suo campo di lavoro da quando, dopo una laurea e un dottorato in Italia, ha iniziato a fare ricerca dapprima al MIT di Boston e ora all’Università di York. Ma di che disciplina si tratta?
«L’informazione quantistica è la comunione tra la fisica quantistica e la teoria dell’informazione. Da una parte si usano i quanti per disegnare nuovi computer, fare crittografia, teletrasportare informazione. Dall’altra si usa il concetto di informazione per approfondire e sviluppare la stessa meccanica quantistica».
Per saperne di più:
- Leggi su Physical Review Letters l’articolo “Better late than never: Information retrieval from black holes“, di Samuel L. Braunstein, Stefano Pirandola e Karol Życzkowski
- Sul paradosso del firewall, leggi il bell’articolo divulgativo di Jennifer Ouellette, “Alice and Bob Meet the Wall of Fire“