Douglas Adams è morto giovane nel 2001, ad appena quarantanove anni di età. Eppure è stato così grande da regalare ai suoi contemporanei, ma soprattutto ai posteri, una delle saghe più conosciute al mondo, quella nata con “Guida galattica per autostoppisti” e che ha visto Douglas Adams produrre complessivamente cinque romanzi. Chi fosse Douglas Adams è cosa nota, basta digitare il suo nome in qualsiasi motore di ricerca per avere dettagli della sua vita e delle sue opere. Tanto che Google gli ha dedicato il doodle odierno.
Di Douglas Adams e della sua saga parliamo con Amedeo Balbi, astronomo dell’Università Tor Vergata e associato INAF, divulgatore scientifico e scrittore.
Che impressione hai avuto dei romanzi di Adams?
Non posso definirmi uno sfegatato di Douglas Adams, non giro sempre con un asciugamano della borsa e non conosco a memoria le citazioni di tutti i suoi libri, però mi sono piaciuti, sono divertenti. Ha delle trovate che forse per i lettori italiani non sono immediate, un tipo di humor molto britannico che ricorda molto i Monty Phyton con cui peraltro Adams ha collaborato all’inizio della sua carriera. Trovo molto divertente e, per alcuni versi sorprendente, che uno humor così basato sulla scienza, con molti richiami all’astronomia e alle scienze spaziali, abbia poi conosciuto un successo su scala planetaria.
Che rapporto hai con la fantascienza. Può essere definito Adams un autore di fantascienza o piuttosto è un ibrido?
A me la fantascienza piace molto, sia a livello letterario che cinematografico. Quella di Adams è una fantascienza un po’ particolare perché è umoristica, un genere che spesso è bistrattato. Anche se sono esistiti vari scrittori di fantascienza, come Frederic Brown, che hanno sempre avuto un taglio umoristico, non decisamente comico, comunque leggero, nelle loro storie. Quello di Adams forse cade più nell’ambito della satira, sociale ovviamente, e l’uso della fantascienza è funzionale per parlare di noi nel presente. La fantascienza però, anche quella serie, alla fine parla di quello che siamo e di come funzioniamo.
“Non fatevi prendere dal panico”. Questo il messaggio ai posteri di Douglas Adams. Come lo interpreti?
La cosa che trovo interessante di Adams era che amava la scienza. Ci era arrivato tardi ma poi si fece guidare dalla scienza, dalla cultura della scienza. Divenne ad esempio amico di Richard Dawkins. Credo che “non fatevi prendere dal panico” fosse la consapevolezza che la scienza gli aveva dato una chiave per capire il mondo, per orientarsi in una realtà apparentemente caotica. Lo testimonia un aspetto che mi piace molto di Adams è come tentasse nei suoi libri di dimostrare che aspetti che diamo assolutamente per scontati, poi non lo siano, anzi possono apparire bizzarri. Faceva l’esempio nostro e del nostro pianeta descrivendo come la Terra sia in una buca di potenziale gravitazione, in orbita a velocità pazzesca intorno ad una fornace termonucleare, insomma cercava di mostrare quanto questo fosse strano. E quello che lui cercava di fare attraverso l’umorismo dei suoi romanzi di fantascienza, poi non è altro che quello che fa la scienza. La scienza sovverte il senso comune e ci mostra di come le cose che accadono nell’universo siano ben più complicate di quanto ci possa sembrare.