LA VELOCISSIMA ORBITA DEL SISTEMA MAXI J1659-152

Tu mi fai girar…

Formato da una stella nana rossa e un buco nero di massa solare, il sistema MAXI J1659-152 ha l'orbita più breve mai osservata per questo tipo di oggetti: meno di 2 ore e mezza. Lo hanno studiato i satelliti Swift, XMM e RXTE, assieme a osservatori da Terra. Tra gli autori dello studio Tomaso Belloni (Osservatorio di Brera-INAF).

     20/03/2013
Il satellite XMM-Newton dell'ESA, principale protagonista della scoperta.

Il satellite XMM-Newton dell’ESA, principale protagonista della scoperta.

Appena due ore e mezza per girare attorno a un buco nero. Un vero record, non si sa quanto invidiabile visto che trovarsi a muoversi a quelle velocità (circa 2 milioni di km all’ora) non sarebbe poi tanto piacevole per chi come noi è abituato a orbitare tranquillamente attorno al Sole a una velocità ben più bassa.

Comunque sia, il record appartiene alla stella (una nana rossa) che fa parte del sistema binario MAXI J1659-152, scoperto e indagato grazie a un lavoro di squadra tra diversi osservatori, che ha coinvolto i satelliti Swift, XMM Newton, RXTE (Rossi X-ray Timing Explorer Mission), il telescopio giapponese MAXI installato sulla Stazione Spaziale Internazionale e diversi osservatori terrestri. ll sistema è protagonista di un articolo in corso di pubblicazione su Astronomy and Astrophysics, che ha tra i suoi autori Tomaso Belloni dell’Osservatorio Astronomico di Brera dell’INAF.

MAXI J1659-152, scoperto il 25 settembre del 2010 da satellite della NASA Swift, è composta da un buco nero con una massa pari a circa tre volte quella del Sole (è quindi un buco nero di massa stellare, i più piccoli della categoria) e da una nana rossa la cui massa è invece appena un quinto di quella della nostra stella. Inizialmente l’emissione gamma di questo oggetto aveva fatto pensare a un gamma-ray burst, ma presto il team di MAXI aveva individuato una emissione in raggi X proveniente dallo stesso punto. Per emettere radiazione in entrambe le lunghezze d’onda, doveva trattarsi di qualcosa di diverso. E infatti, tanto XMM Newton quanto una serie di telescopi terrestri, allertati in fretta e furia, hanno confermato che si trattava di un sistema binario con un buco nero, in cui i raggi X si producono a causa del materiale risucchiato ad altissima velocità dalla stella verso il buco nero.

Una lunga (14 ore) sessione di osservazione da parte di XMM Newton rivelava però che c’era un’interruzione regolare nell’emissione X da questo oggetto, come se qualcosa periodicamente oscurasse la radiazione. E infatti, si tratta del bordo del disco di accrescimento del buco nero, che a ogni orbita si mette di mezzo e impedisce per breve tempo alla radiazione X di arrivare fino a noi.

Non è facile determinare il periodo orbitale di questi oggetti” spiega Belloni. “In questo caso fortuna vuole che dalla Terra il sistema si veda praticamente di taglio. Non abbastanza da vedere delle vere e proprie eclissi quando il buco nero passa davanti alla stella, ma abbastanza per delle pseudoeclissi, dovute al fatto che la parte più esterna del disco di accrescimento non è regolare ma ha degli ingrossamenti, specie dove il flusso di materia proveniente dalla stella lo colpisce. Questi ingrossamenti non sempre nello stesso punto, si spostano leggermente da un’orbita all’altra. Ma si spostano di poco, e se l’orbita è abbastanza veloce da permettere di osservare molte semieclissi si riesce a fare una statistica affidabile, come in questo caso”.

Dalla frequenza di queste interruzioni i ricercatori hanno potuto dedurre la durata dell’orbita del sistema: appena 2,4 ore. Un nuovo record per i sistemi binari che comprendono un buco nero, visto che il primato precedente apparteneva a Swift J1753.5–0127, che ha un periodo di 3,2 ore.

I due oggetti che formano il sistema in realtà non orbitano uno attorno all’altro, ma orbitano entrambi attorno al centro di massa del sistema. La stella si trova più lontana da questo punto, quindi ruota a velocità molto più alta (2 milioni di km all’ora, appunto). Al buco nero invece bastano, si fa per dire, 150.000 km all’ora per completare in 2,4 ore il suo giro.

“A parte la velocità, la particolarità di quest’oggetto è di trovarsi al di fuori del piano della galassia, cosa che lo rende più facile da guardare perché la sua radiazione è meno assorbita” continua Belloni. “Soprattutto, è probabile che ci sia un collegamento tra il fatto che sia al di fuori del piano della galassia e il fatto abbia un periodo orbitale così breve. Difficilmente l’oggetto è nato nell’alone galattico dove si trova, piuttosto pensiamo che sia nato nel piano galattico e poi sia stato sbalzato fuori dall’esplosione della supernova che ha creato il buco nero. In questi casi, se il ‘calcio’ dato dalla supernova è troppo forte il sistema si rompe. Ma più il sistema è stretto più è difficile romperlo”. Ecco perché non ci sono molti oggetti di questo tipo (binarie strette che comprendano un buco nero al di fuori del piano galattico): perché devono verificarsi entrambe le condizioni: un’esplosione abbastanza forte da spingere il sistema nell’alone ma un sistema abbastanza stretto da non disgregarsi. “Al momento questa popolazione conta tre o quattro oggetti” dice Belloni.

Fondamentale per lo studio è stata la velocità di risposta degli osservatori, in particolare di Swift e XMM. “Le semieclissi non durano necessariamente per sempre, possono scomparire se il disco di accrescimento cambia forma” ricorda Belloni. “Quindi la sfida in questi casi è raccogliere più dati possibile sull’oggetto, con più strumenti possibile”. Tutti i dati su cui si è basato lo studio sono stati raccolti nel giro di poco più di un giorno.

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