Una forma di groviera. Così descrive l’Universo primordiale Michael Shull dell’Università del Colorado a Boulder, autore di uno studio appena pubblicato su Astrophysical Journal. In cui, assieme ai suoi colleghi, parte dall’analisi di un quasar osservato grazie al telescopio spaziale Hubble per spiegare come questi oggetti, nelle prime fasi di vita dell’Universo, agissero insieme per “svuotare” intere zone del mezzo intergalattico producendo appunto una struttura a buchi, di cui ancora si osservano le tracce.
Protagonista dello studio è il quasar HS1700+6416, uno dei più brillanti dell’Universo. I quasar sono nuclei di galassie attive e sono tra gli oggetti più luminosi dell’Universo. Vengono usati dagli astrofisici come “fari” per illuminare le zone più antiche e remote dell’Universo, e in questo caso ha permesso agli astronomi di studiare il materiale gassoso posto fra noi e il quasar, grazie a uno spettrografo montato sul telescopio Hubble. E hanno usati i dati per fare ipotesi sul modo in cui quasar di quel tipo influenzano l’ambiente cosmico che li circonda.
In un periodo della storia dell’Universo chiamato “era della reionizzazione dell’elio”, avvenuto circa 11 miliardi di anni fa, si pensa che lampi di radiazione ionizzante provenienti dai buchi neri al centro dei quasar abbiano strappato via gli elettroni dagli atomi di elio. Nel caso di HS1700+6416, “crediamo che questo oggetto assieme ad altri quasar collaterali, posti fuori dalla vista del telescopio, abbiano reionizzato il gas provenienti da diverse direzioni, cosa che ha impedito al gas di collassare per effetto della gravità e formare nuove generazioni di stelle” siega Shull. Da qui l’effetto “groviera”, con i quasar che ripuliscono intere zone dal gas di elio neutrale creando così dei “buchi” in cui passa la radiazione utlravioletta raccolta dal telescopio spaziale Hubble. Questo processo, per altro, avrebbe rallentato la formazione delle galassie. Infatti la radzazione proveniente dai grandi quasar avrebbe riscaldato il gas ben oltre i 20.000 gradi Celsius, una temperatura a cui diventa più difficile per le protogalassie tenere insieme il gas di cui erano formate. “In un certo senso, era una specie di riscaldamento globale intergalattico” dice Shull.
Lo studio suggerisce peraltro che la reionizzazione dell’elio sia avvenuta più tardi di quanto si credeva. “Inizialmente credevamo che fosse avvenuta 12 miliardi di anni fa, ma gli ultimi dati dicono che è più probabilmente successo tra 10 e 11 miliardi di anni fa, cosa che ci ha sopreso” continua Shull.