IL SISTEMA DI SATURNO AL SETACCIO DI CASSINI

Anelli d’antiquariato attorno a Saturno

Gli anelli e le lune di Saturno sono composti di materiali che, seppure alterati in superficie da depositi relativamente recenti di pulviscolo, hanno età risalenti ad oltre 4 miliardi di anni fa, quando si è formato il Sistema solare. Questi i risultati di uno studio guidato da Gianrico Filacchione (INAF) con dati dello spettrometro VIMS a bordo della sonda Cassini.

     27/03/2013
Uno scorcio degli anelli di Saturno de di alcune sue lune ottenuto dalla narrow-angle camera della sonda Cassini-Huygens nell'ottobre del 2010. Crediti: NASA/JPL/Space Science Institute

Uno scorcio degli anelli di Saturno e di alcune sue lune (in primo piano Encelado) ottenuto dalla narrow-angle camera della sonda Cassini-Huygens nell’ottobre del 2010. Crediti: NASA/JPL/Space Science Institute

Sono lì, bellissimi e maestosi, a fare da corona Saturno, il secondo più grande pianeta del Sistema solare. E da quando la sonda Cassini si è inserita nella sua orbita, nel 2004, sono anche uno dei suoi principali obiettivi scientifici. Grazie a Cassini abbiamo scoperto molto sul complesso sistema di anelli di Saturno, come il fatto che quelli della fascia A e B  sono composti quasi totalmente da ghiaccio d’acqua. Un risultato ottenuto grazie al contributo fondamentale dello spettrometro VIMS (Visual and Infrared Mapping Spectrometer), uno degli strumenti a bordo della sonda Cassini di cui l’Agenzia Spaziale Italiana ha fornito il canale VIS, mentre l’Istituto Nazionale di Astrofisica partecipa all’utilizzo scientifico dei dati prodotti.

Ed è ancora VIMS il protagonista delle ultime approfondite indagini condotte sugli anelli e sulle lune di Saturno. Indagini che mostrano come essi siano composti di materiali che, seppure alterati in superficie da depositi relativamente recenti di pulviscolo e dall’interazione con le particelle magnetosferiche, hanno età risalenti ad oltre 4 miliardi di anni fa.

“Studiare il sistema di Saturno ci aiuta a capire l’evoluzione chimica e fisica del nostro Sistema solare”, dice Gianrico Filacchione, dell’INAF-IAPS, primo autore dello studio recentemente pubblicato online sul sito della rivista Astrophysical Journal. “Ora sappiamo che per comprendere questa evoluzione è necessario non solo analizzare singolarmente una luna o un anello, ma piuttosto riuscire a collegare in modo coerente le varie relazioni che legano questi corpi celesti. Per questo motivo abbiamo comparato tra loro le proprietà spettrali degli anelli principali, delle 7 lune maggiori (Mimas, Encelado, Teti, Dione, Rea, Iperione, Giapeto) e delle 7 lune minori (Prometeo, Pandora, Giano, Epimeteo, Calipso, Telesto, Helene e Febe). La nostra indagine è un altro importante risultato ottenuto grazie all’infaticabile attività di VIMS, che finora ha inviato a Terra oltre 250.000 immagini iperspettrali, per un totale di oltre 140 gigabyte di dati, e del team INAF che ne cura il supporto scientifico”.

L’analisi dei dati raccolti da VIMS ha permesso di ricostruire la distribuzione del ghiaccio d’acqua e di altri composti chimici attraverso i loro colori caratteristici, mostrando come nella luce visibile le colorazioni degli anelli e delle lune siano dovute a depositi superficiali di pulviscolo e materiali organici mentre le analisi nella banda infrarossa hanno confermato che il ghiaccio d’acqua ha una distribuzione sostanzialmente uniforme attraverso tutto il sistema di Saturno. Per gli scienziati  è la prova che il ghiaccio d’acqua, il principale costituente di questa popolazione, sia conseguenza della composizione originale del disco protoplanetario da cui questi oggetti si sono formati all’alba del Sistema solare.

E i ricercatori sono certi che il ghiaccio d’acqua rilevato sia davvero così antico perché Saturno orbita attorno al Sole oltre la cosiddetta “linea della neve”, che divide la zona interna del Sistema solare – più calda, dove i ghiacci e altri elementi volatili di dissipano per effetto dell’irraggiamento del Sole – dalla regione più esterna e fredda, dove i ghiacci rimangono sostanzialmente inalterati.

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L’indagine evidenzia come la patina colorata presente sulle particelle degli anelli e sulle lune di Saturno sia legata in prima approssimazione alla loro posizione nel sistema di Saturno. Le lune interne, che orbitano nell’anello E, risultano ‘sbiancate’ dagli spruzzi di acqua ghiacciata espulsi dai geyser di Encelado. Titano invece sembra bloccare questi getti verso le lune più esterne. Oltre l’orbita di Titano, gli scienziati hanno scoperto che le superfici delle particelle dell’anello di Febe e delle altre lune di Saturno tendono a presentare colorazioni più rosse via via che ci si allontana dal pianeta. Febe, una delle lune esterne di Saturno, sembra spargere polvere rossastra che va a depositarsi sulla superficie delle lune vicine, come Iperione e Giapeto.

Una pioggia di meteoroidi esterni avrebbe inoltre dato un tocco di colore al sistema principale degli anelli – in particolare quelli all’interno dell’anello B – donandogli una leggera tonalità rossastra, che secondo gli scienziati sarebbe dovuto a particelle di ferro ossidato – ossia ruggine – oppure da idrocarburi aromatici policiclici, che potrebbero essere progenitori di molecole organiche più complesse. Una delle grandi sorprese emerse da questa ricerca è stata quella di osservare la presenza di colorazione rossastra anche sulla superficie irregolare di Prometeo, una piccola luna di circa 100 km di diametro, molto simile a quella delle particelle che compongono l’anello nelle sue vicinanze. Le altre lune vicine sono infatti decisamente più candide.

“La colorazione rossastra comune suggerisce che Prometeo è ricoperto da materiale presente negli anelli di Saturno”, dice Bonnie Buratti, del team VIMS presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA, tra i coautori dell’articolo. “Finora abbiamo sempre pensato che fosse il contrario – che cioè gli anelli derivano dalla frantumazione dei satelliti di Saturno. Ma è anche possibile che le particelle espulse dall’anello si siano aggregate a formare il satellite”.

“Lavorare con questo team è un’esperienza estremamente positiva per l’ottima amalgama che si è creata – ha dichiarato Enrico Flamini, coordinatore scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana – e ovviamente per la capacità di analizzare i dati, pur mantenendo la visione del contesto di un pianeta complesso come Saturno. Indubbiamente parte del merito va anche a una missione, come quella Cassini, che favorisce quest’ambiente di lavoro così positivo”.

Nel team che ha realizzato l’articolo The radial distribution of water ice and chromophores across Saturn’s system pubblicato online sul sito della rivista The Astrophysical Journal, oltre Gianrico Filacchione ed Enrico Flamini, partecipano Fabrizio Capaccioni, Priscilla Cerroni, Mauro Ciarniello e Federico Tosi, tutti dell’INAF-IAPS.

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