Sarà banale dirlo, ma la scuola è il primo momento di preparazione e socializzazione delle generazioni che saranno destinate a governare il Paese. Se vogliamo che le nostre città, le nostre Regioni, il nostro Paese siano gestiti bene, è indispensabile che la scuola prepari adeguatamente i giovani a una vita civile e sociale e dia gli strumenti per un buono e corretto governo.
Negli ultimi decenni la situazione della scuola in Italia è andata via via peggiorando. L’annuale rapporto OCSE, un monumentale documento di oltre 500 pagine pieno di grafici e statistiche, colloca l’Italia all’ultimo posto in Europa. Fuori dell’Europa riescono a far peggio del nostro Paese solo la Turchia, il Brasile e la Cina, che però hanno percentuali rilevanti di popolazione che vivono esclusivamente della terra che coltivano.
Gli investimenti nella scuola sono negli ultimi venti o trent’anni gradualmente diminuiti al punto che oggi la spesa in istruzione in Italia è la più bassa dei Paesi del G20 rispetto al numero di abitanti; l’Italia investe nell’istruzione il 4,8% del PIL, mentre la media europea è del 5,6%. Il budget del Ministero dell’Istruzione è costituito per il 97% dal costo del personale della scuola e solo il 3% è destinato alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture e al necessario adeguamento tecnologico degli Istituti scolastici. Praticamente nulla è destinato all’aggiornamento professionale degli insegnanti, che da alcuni anni non è più considerato obbligatorio.
Gli insegnanti italiani hanno uno stipendio che è il più basso degli equivalenti colleghi europei, il che finisce per demotivare alcune delle persone più preparate a scegliere la carriera dell’insegnamento. L’Italia ha anche il non invidiabile primato di avere la percentuale più elevata in Europa (45%) di popolazione tra i 24 e i 64 anni che ha conseguito solo la licenza media, contro una media europea del 27,3%. A questa situazione, ormai consolidata, si aggiunge un continuo aggravarsi del divario della scolarizzazione media italiana rispetto al resto di Europa: i giovani tra i 18 ed i 24 anni che decidono di lasciare la scuola in Italia prima di ottenere il diploma di maturità sono il 18,8% della popolazione, mentre in Europa la percentuale è del 14,1%.
Insomma: tutti i dati sono a nostro sfavore. Eppure venti o trent’anni fa la situazione non era questa. In questo periodo di tempo tutti i governi che si sono succeduti, di destra e di sinistra, hanno tagliato gli investimenti in istruzione come unica soluzione alle sempre presenti difficoltà di bilancio. E invece la scuola è il primo degli investimenti indispensabili per dare un futuro a questo Paese e alle nuove generazioni!
Oltre ad esserci una sistematica disattenzione politica sul tema della scuola, c’è poi un problema di contenuti. Per ragioni storiche, la scuola italiana ha dedicato storicamente troppa poca attenzione alle discipline scientifiche, relegandole a un aspetto solo tecnico della preparazione di un giovane. Questo è probabilmente il motivo principale dell’inadeguata preparazione dei nostri giovani alle necessità della moderna società dell’informazione e della tecnologia. Nelle nostre scuole non s’insegna il metodo scientifico galileiano, difficilmente si fanno attività pratiche di laboratorio e men che meno si compiono attività di osservazione di fenomeni naturali, del cielo diurno e notturno. Si dedicano troppe poche ore alle materie scientifiche e queste rimangono troppo spesso a un livello sostanzialmente nozionistico e quindi poco attraenti.
Una popolazione più istruita è più consapevole del proprio ruolo nella società, più informata e più pronta a reagire alle difficoltà imposte da un periodo di crisi strutturale come quello che stiamo attraversando. Ad un governo del nostro Paese dobbiamo chiedere con forza più investimenti nella scuola, una scuola pubblica e aperta a tutti, più aderente alle necessità del Paese, che sappia trasmettere cultura vera e più attenta ad una didattica attiva della scienza.
Far ripartire la scuola è l’unico modo per far ripartire l’Italia.