Che siano tra tutti i pianeti extrasolari i più facili da individuare è scontato poiché gli Hot Jupiter, come indica il loro stesso nome, sono quelli comparabili, per dimensioni e masse, al nostro Giove o anche più grandi. E non a caso 51 Pegasi b, il primo ‘mondo’ scoperto attorno ad una stella simile al Sole, nel 1995, apparteneva proprio a questa classe di oggetti celesti. In più le loro orbite, tipicamente molto ravvicinate alle loro stelle madri, li rendono molto caldi, e quindi delle sorgenti significative di radiazione infrarossa. E per questa caratteristica, gli Hot Jupiter detengono un altro record: la prima osservazione della radiazione emessa da un esopianeta. A raccoglierla, nel 2005, esattamente dieci anni dopo la scoperta di 51 Pegasi b, furono gli strumenti del telescopio spaziale Spitzer della NASA.
L’ultimo lavoro su un esopianeta della classe degli Hot Jupiter arriva da un team di ricercatori statunitensi guidati da Nikole Lewis, del Massachusetts Institute of Technology, sfruttando la più lunga osservazione – ben sei giorni ininterrotti – mai effettuata sempre da Spitzer su un oggetto celeste di questo tipo. L’accuratissimo monitoraggio ha permesso di seguire per un’orbita completa il pianeta attorno alla stella HAT-P-2, dove la sua distanza da essa è compresa tra appena 4 milioni e mezzo e 15 milioni di chilometri. Per avere un termine di paragone Mercurio, il pianeta più vicino al Sole, dista tra 46 e 70 milioni di chilometri dalla nostra stella.
“È come se con questo sistema avessimo a disposizione un perfetto laboratorio naturale per fare esperimenti” commenta Heather Knutson, del California Institute of Technology, che ha partecipato allo studio recentemente pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal. “Il fatto che il pianeta si avvicina e si allontana dal suo sole in modo così marcato ci permette di osservare con che velocità si riscalda e poi si raffredda”.
I risultati del lavoro rivelano che HAT-P-2b impiega circa un giorno a riscaldarsi nella porzione di orbita più vicina alla sua stella, per poi raffreddarsi in 4-5 giorni nella fase di allontanamento. Sbalzi termici estremi che probabilmente fanno sentire i loro effetti perfino su inattesi comportamenti chimici osservati sul pianeta e ancora non ben compresi. “I pianeti appartenenti a questa classe sono molto più caldi e dinamici del nostro Giove, che in confronto è pigro. Forti venti fanno risalire materia dagli strati più bassi e la loro composizione chimica varia continuamente” sottolinea Nikole Lewis.