NUOVE OSSERVAZIONI CON VLT

Dieta senza sodio per vecchie stelle

Un team di ricercatori ha usato il Very Large Telescope per studiare nel dettaglio la luce proveniente dalle stelle dell'ammasso globulare NGC 6752, dove ci sono due generazioni di stelle. Scoprendo che quelle di seconda generazione, più ricche di sodio, non attraversano mai la fase di rapida espulsione di massa che ci si aspetterebbe dalle stelle di quel tipo quando invecchiano.

     29/05/2013
Questa immagine ottenuta dallo strumento WFI (Wide Field Imager) montato sul telescopio da 2,2 metri dell'MPG/ESO all'Osservatorio di La Silla in Cile mostra l'ammasso globulare NGC 6752 nella costellazione australe del Pavone. Studi di questo ammasso con il VLT (Very Large Telescope) dell'ESO hanno rivelato inaspettatamente che molte stelle non entrano nella fase di perdita di massa alla fine della loro vita. (Crediti: ESO)

Questa immagine ottenuta dallo strumento WFI (Wide Field Imager) montato sul telescopio da 2,2 metri dell’MPG/ESO all’Osservatorio di La Silla in Cile mostra l’ammasso globulare NGC 6752 nella costellazione australe del Pavone. (Crediti: ESO)

Gli astronomi si aspettano che le stelle simili al Sole espellano la gran parte dell’atmosfera nello spazio verso la fine della loro vita. Ma nuove osservazioni di un enorme ammasso stellare, effettuate con il VLT dell’ESO, hanno mostrato – contro ogni aspettativa – che la maggioranza delle stelle studiate semplicemente non raggiunge questo stadio nella propria vita. Un’equipe internazionale  di ricercatori ha trovato che la quantità di sodio nelle stelle è un indicatore molto chiaro di come esse arrivino alle ultime fasi di vita.

Da molti anni si ritiene di conoscere il modo in cui le stelle evolvono e concludono la propria vita. Modelli numerici dettagliati prevedono che le stelle di massa simile al Sole raggiungano un periodo verso la fine della propria vita – chiamato ramo asintotico delle giganti o AGB (asymptotic giant branch) – in cui le stelle attraversano un ultimo ciclo di combustione nucleare ed espellono la maggior parte della massa sotto forma di gas e polvere.

Il materiale che viene espulso va a formare la successiva generazione di stelle e questo ciclo di perdita di massa e rinascita è fondamentale per spiegare l’evoluzione chimica dell’Universo. Il processo produce anche il materiale necessario per formare i pianeti – e anche gli ingredienti della vita organica.

Ma quando l’esperto australiano di teorie stellari Simon Campbell, del Monash University Center for Astrophysics, di Melbourne, ha riletto alcuni vecchi articoli, vi ha trovato indizi allettanti sulla possibilità che alcune stelle possano in qualche modo sfuggire alle regole e saltare completamente la fase AGB.

Campbell e la sua equipe hanno usato il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO per studiare nel dettaglio la luce proveniente dalle stelle dell‘ammasso globulare NGC 6752, nella costellazione australe del Pavone. Questa grande sfera di stelle antiche contiene sia la prima generazione di stelle che una seconda che si è formata un po’ più tardi . Le due generazioni si distinguono per la quantità di sodio che contengono – una misura che i dati di ottima qualità del VLT permettono di ottenere.

“FLAMES, lo spettrografo multi-oggetto ad alta risoluzione montato sul VLT, è l’unico strumento che potesse permetterci di ottenere dati della qualità necessaria per 130 stelle alla volta. Ci ha permesso di osservare gran parte dell’ammasso in un colpo solo”, ha spiegato Campbell.

I risultati sono stati una vera sorpresa – tutte le stelle AGB studiate erano stelle della prima generazione, con livelli di sodio molto bassi. Nessuna delle stelle di seconda generazione, con livelli più alti di sodio, era entrata nella fase AGB.

“Sembra che le stelle debbano seguire un regime dietetico povero di sodio per raggiungere la fase AGB in vecchiaia. Queste osservazioni sono importanti per molti motivi: le stelle AGB sono le più brillanti degli ammassi globulari – perciò le stelle brillanti saranno circa il 70% in meno rispetto a quanto prevede la teoria. Significa anche che i nostri modelli numerici di stelle sono incompleti e devono essere corretti” ha spiegato ancora Campbell.

Tra gli autori dello studio Valentina d’Orazi, una ricercatrice italiana che lavora alla Macquarie University di Sidney, sempre in Australia. Che racconta così la ricerca a Media Inaf: “Negli ultimi anni è stato raccolto un database impressionante di osservazioni, sia fotometriche che spettroscopiche, con campioni di migliaia di stelle, che ci ha permesso di investigare la natura degli ammassi globulari. Sappiamo ormai con certezza che essi non possono più essere considerati un esempio di cosiddetta ‘popolazione stellare semplice’ (ossia di stelle coeve e con la stessa composizione chimica iniziale), ma che al contrario al loro interno gli ammassi globulari  ospitano diverse generazioni di stelle”.

“La caratteristica principale di questi vecchi aggregati stellari è la presenza di variazioni interne nelle abbondanze di elementi leggeri, quali ad esempio carbonio, azoto, ossigeno e sodio per l’appunto. In particolare ciò che osserviamo all’interno di ciascun ammasso è la presenza di una prima generazione di  stelle (attualmente minoritaria rispetto alla popolazione totale) che è ricca in carbonio e ossigeno e povera di azoto e sodio. La cosa interessante pero’ è che negli ammassi globulari la maggior parte delle stelle che oggi osserviamo sono invece povere di carbonio e ossigeno e ricche di azoto e sodio. Queste stelle sono la seconda generazione che si è formata all’interno dell’ammasso dal materiale processato nuclearmente all’interno di una frazione delle stelle di prima generazione”.

“Quando però si andavano ad osservare stelle in fase di ramo asintotico (AGB) tali peculiarita’ chimiche non trovavano corrispondenza: il quadro veniva addirittura capovolto con la maggior parte delle AGB all’interno di un ammasso povere di sodio (e quindi prima generazione di stelle) e un esiguo numero o addirittura nessuna AGB ricca in sodio (e quindi seconda generazione). Il nostro studio ha quindi mostrato  per la prima volta che effettivamente le stelle di AGBs in NGC 6752 sono tutte delle prima generazione, e che nessuna delle stelle di seconda generazione riesce ad ascendere il ramo gigante per una seconda volta”.

“Il risultato ovviamente è molto interessante”, prosegue D’Orazi “visto che le stelle di seconda generazione costituiscono attualmente la popolazione di maggioranza negli ammassi globulari, per cui l’estensione ad altri ammassi globulari di osservazioni analoghe è sicuramente uno dei nostri prossimi obiettivi. Al momento non siamo in grado di fornire una spiegazione definitiva per tale risultato e di fornire un supporto teorico efficace a tale osservabile. Le implicazioni in termini di evoluzione stellare sono pero’ molto importanti: molti ammassi (e in particolar modo quelli che sono caratterizzati da bracci orizzontali molto blu) non possono essere utilizzati in maniera “affidabile” per effettuare i conteggi di stelle e testare i modelli di evoluzione stellare (e relativi tempi scala) se tali conteggi coinvolgono la popolazione di AGB”.