Un’altra tappa importante nello studio di Titano, la grande luna di Saturno che grazie alla missione Cassini si sta rivelando come uno dei corpi più interessanti del sistema solare (e per interessanti si intende soprattutto ‘simili alla Terra’). Usando dati dello strumento VIMS a bordo della sonda Cassini, un gruppo di ricercatori ha confermato la presenza di idrocarburi policiclici aromatici nella parte superiore dell’atmosfera di Titano. Si spiegherebbe così finalmente l’origine degli aerosol – particelle di composti solidi o liquidi disperse in gas – osservate negli strati atmosferici più bassi che coprono la superficie di Titano. Secondo il nuovo modell, i PAH si formano nell’alta atmosfera per poi dare luogo ad aggregati più grandi che “cadono” verso la superficie, un po’ come fiocchi di neve, e finiscono per formare gli aerosol. Tra gli autori dello studio, pubblicato su The Astrophysical Journal, c’è anche Alberto Adriani dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali (INAF) di Roma.
“Questa scoperta è molto importante perché spiega il processo la formazione dell’aerosol che pervade pesantemente tutta l’atmosfera di Titano conferendo alla luna di Saturno quel suo aspetto opaco e giallastro che si vede in molte fotografie realizzate in luce visibile” spiega Adriani. “Questi agglomerati di macromolecole che si formano a quote alte, attorno ai 800-1000 km, lentamente sedimentano verso il basso e si accrescono fino a formare particelle sempre più grandi che costituiscono lo strato di “smog” che circonda la luna”.
Gli aerosol a base di carbonio erano stati osservati nell’atmosfera bassa di Titano analizzando dati raccolti dalla sonda Huygens durante la sua discesa sulla superficie della luna, nel 2005, ma non si sapeva come potessero formarsi. “Lo studio è partito nel 2008 dopo aver scoperto che nei dati di VIMS, nell’alta atmosfera di Titano (al di sopra dei 500km), si potevano individuare intorno ai 3 micron le emissioni di alcuni gas come il metano, acido cianidrico e acetilene” continua Adriani. “Studiando questi gas ci si è imbattuti in un’inspiegabile emissione che abbiamo battezzato ‘anomala’ e che si nascondeva proprio sotto la banda di emissione del metano”.
L’isolamento dell’emissione anomala da quella del metano ha permesso d’investigare la sua identità fino ad attribuire questa emissione, attraverso uno studio comparativo su dati messi a disposizione dalla NASA, ad idrocarburi policiclici aromatici, una numerosa schiera di macromolecole basate sul carbonio come costituente principale e conosciuti con l’acronimo PAH.
“La lunghezza d’onda centrale di questo segnale, a circa 3,28 micron, è quella tipica dell’emissione da composti aromatici – molecole di idrocarburi in cui gli atomi di carbonio sono legati tra loro in strutture a forma di anello” spiega Bianca Maria Dinelli, della sezione di Bologna dell’ISAC-CNR, coautrice dello studio. Nell’atmosfera di Titano, a quelle quote, c’è un po’ di benzene, la cui emissione ha una firma spettrale molto simile ma la cui quantità è sufficiente a spiegare quell’intensità di emissione. L’unica ipotesi che le spiega, come hanno dimostrato le simulazioni dei ricercatori, è la presenza dei PAH, le cui molecole sono composte in media da 34 atomi di carbonio disposti su circa 10 anelli.
“Anche se meno abbondanti del benzene, i PAH sono molto efficienti nell’assorbire la luce ultravioletta proveniente dal Sole, ridistribuendo l’energia all’interno della molecola e rimettendo energia in luce infrarossa” spiega ancora Adriani. I PAH a loro volta si formano per la fotoionizzazione di molecole nell’atmosfera superiore di Titano. I modelli che simulano il loro comportamento mostrano che i PAHs possono coagulare per formare aggregati più grandi che tendono a sprofondare verso gli strati più bassi. Qui la maggiore densità favorisce la formazione di conglomerati ancora più grandi, che alla fine danno luogo agli aerosol, principali responsabili dell’aspetto opaco e “nebbioso” che caratterizza Titano.