Un team internazionale guidato da astronomi del Niels Bohr Institute all’Università di Copenhagen è riuscito ad analizzare con una dettaglio senza precedenti una remota galassia, la cui luce ha viaggiato approssimativamente 11 miliardi di anni prima di essere catturata dai potenti specchi del telescopio VLT dell’ESO.
In realtà la luce appartiene ad un oggetto ancora più remoto e brillante, un quasar, che si trova proprio dietro alla linea di vista. La grande quantità di gas presente nella giovane galassia ha semplicemente assorbito una notevole quantità della luce proveniente dal quasar. Mediante l’analisi di questo assorbimento, i ricercatori sono riusciti a fare un check up completo gli strati più esterni di questa novizia.
Non contenti, i ricercatori hanno puntato sulla galassia il telescopio spaziale Hubble, con il quale hanno potuto vedere l’emissione proveniente dalle stelle di più recente formazione. Dall’analisi complessiva dei dati il gruppo di astronomi è infine riuscito a determinare un insieme di importanti proprietà della galassia, come le dimensioni, la massa, la percentuale di elementi contenuti, la velocità con cui si formano nuove stelle. Ancora più in dettaglio, ha potuto stabilire che le stelle formatesi per prime nel centro della galassia abbiamo via via arricchito le stelle degli strati più esterni con elementi chimici più pesanti.
Conoscere la quantità di elementi chimici più pesanti di idrogeno ed elio presenti nelle stelle di una galassia dà anche un idea abbastanza precisa di come siano composte le nubi di gas circumstellare in cui prendono forma i pianeti. Come spiegano Johan Fynbo e Jens-Kristian Krogager del Niels Bohr Institute, a capo della ricerca: “Combinando i due metodi di indagine, assorbimento ed emissione, abbiamo scoperto che le stelle osservate hanno una contenuto in ossigeno pari a circa un terzo di quello del Sole. Questo significa che 11 miliardi di anni fa le prime generazioni di stelle nella galassia avevano già costruito gli elementi che rendono possibile la formazione di pianeti come la Terra”.
Alla ricerca, pubblicata su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, ha partecipato anche l’italiana Anna Gallazzi, attualmente in forze all’INAF-Osservatorio astrofisico di Arcetri con una borsa di studio del programma AstroFIt.
“Sono ancora pochi gli esempi di galassie rivelate indirettamente dall’assorbimento nella luce di quasar distanti di cui si abbia un misura diretta della loro emissione” spiega Gallazzi a Media Inaf. “Questo studio rappresenta un passo importante per collegare popolazioni di galassie lontane rivelate con i due metodi (in assorbimento o in emissione). La posizione e la composizione chimica del gas visto in assorbimento rivela un meccanismo importante per l’evoluzione chimica delle galassie, ovvero la presenza di un intenso vento galattico capace di trasportare il materiale arricchito fino alle regioni esterne della galassia”.