Spedire nello spazio mini sonde delle dimensioni di poche decine di centimetri e del peso di qualche chilogrammo, spendendo fino a mille volte meno di quello che sono i costi di missione attuali. Un sogno irrealizzabile per molti, ma non per Ben Longimer, fisico dell’Università del Michigan che guida un team di ricercatori al progetto che potrebbe rivoluzionare il modo di realizzare le future missioni automatiche di esplorazione del nostro Sistema solare. L’idea di Longimer è quella di equipaggiare i CubeSat, piccoli satelliti costituiti da moduli standard a forma di cubo, ciascuno di circa 10 cm di lato e 1.4 kg di peso, con CAT (CubeSat Ambipolar Thruster), un nuovo sistema di propulsione al plasma ideato e testato nel Plasmadynamics & Electric Propulsion Laboratory dell’ateneo statunitense. Il suo principio di funzionamento è simile a quello del motore che equipaggia sonda Dawn della NASA dedicata allo studio degli asteroidi Vesta e Cerere. CAT però è molto più piccolo: la sua camera di combustione e il sistema di alimentazione pesano insieme appena mezzo chilo, mentre per riempire il suo serbatoio bastano appena due chili e mezzo di propellente che può essere di vari tipi, compresa addirittura la semplice acqua. La spinta prodotta da questo micro motore è ovviamente molto piccola, ma la sua efficienza e il suo utilizzo prolungato possono spingere sonde grandi come una scatola da scarpe fino ai confini del Sistema solare.
Il risparmio sarebbe così notevole: ad esempio in un futuro non troppo remoto potremmo a lanciare una sonda per cercare tracce di vita sotto i ghiacci di Europa, una delle lune di Giove, a un costo dell’ordine di appena un milione di dollari. Oppure, sempre con una cifra analoga, si potrebbe lanciare una flotta di mini satelliti per mappare la distribuzione e le orbite degli asteroidi che vagano attorno alla Terra.
httpvh://youtu.be/sqL2846IEv4
L’idea, insomma c’è e, secondo i ricercatori, è assolutamente realizzabile. Unico scoglio per ora, quello dei fondi per lo sviluppo del progetto. Ma anche a questo c’è una soluzione: il team ha lanciato una campagna di finanziamento “social” in cui chiunque può dare il suo contributo economico – anche solo pochi dollari – per avviare la fase di test in orbita. Il primo obiettivo per passare dalla teoria alla pratica è raccogliere 200.000 dollari entro il 5 agosto prossimo.