Una domanda apparentemente banale, posta da Enrico Fermi nell’estate del 1950 durante una pausa pranzo ai colleghi dei laboratori di Los Alamos, per tagliare corto su presunti avvistamenti di astronavi aliene: “Dove sono tutti quanti?”. Se la probabilità che esistano civiltà evolute è così alta, perché non abbiamo ancora in mano prove di vita extraterrestre? Un paradosso che ha avuto negli anni diversi tentativi di risposta e che ha stimolato un’ampia ricerca teorica sull’argomento.
Un nuovo apporto viene ora dalle simulazioni al calcolatore eseguite da due ricercatori dell’Istituto di Astronomia dell’Università di Edimburgo, Arwen Nicholson e Duncan Forgan, che hanno provato a definire le caratteristiche di una flotta di sonde interstellari inviate da una civiltà tecnologicamente evoluta a esplorare l’intera galassia, in un tempo sì lungo ma “ragionevole”.
Per prima cosa le sonde dovrebbero viaggiare a una velocità di circa un decimo di quella della luce, e potrebbero trarre un ulteriore vantaggio nella loro crociera dall’effetto gravitazionale a catapulta offerto dalla grande massa delle stelle via via visitate. Per affrontare i comunque lunghissimi viaggi, le sonde aliene dovrebbero essere autoriparanti e, soprattutto, autoreplicanti. Dovrebbero quindi essere in grado di produrre in progressione geometrica copie identiche di sé stesse da lanciare verso nuove destinazioni, scelte sempre in maniera da ottimizzare i tempi di percorrenza. Tutto il network di sonde dovrebbe poi essere in grado di comunicare in tempo quasi reale, con tecniche che sfruttino ad esempio l’accoppiamento quantistico.
Nello studio di prossima pubblicazione sull’International Journal of Astrobiology, Nicholson e Forgan hanno concluso che una flotta composta da un numero sufficientemente alto di siffatte sonde potrebbe esplorare l’intera Via Lattea in una frazione dell’età attuale della Terra. Dalle loro simulazioni risulta che tale arduo compito potrebbe essere portato a termine nel breve volgere di dieci milioni di anni.
Secondo i ricercatori, questo risultato potrebbe giustificare il paradosso di Fermi e significa che il nostro sistema solare potrebbe essere stato visitato – anche più di una volta – da questi “robot immortali” molto prima che il suolo terrestre fosse calpestato da esseri umani. Uno scenario fantascientifico che si offre al vaglio di innumerevoli altri paradossi, di cui gli stessi autori danno conto nel loro lavoro. Ma nel sottofondo riecheggia sempre la stessa domanda: “Dove sono tutti quanti?”.