Se l’antica alchimia cercava il segreto per trasmutare il piombo in oro, oggi si cerca più prosaicamente di capire come si è formato l’oro, un elemento raro sulla Terra così come nell’intero Universo. Perché, al contrario di elementi chimici come il carbonio o il ferro, non si può essere originato nei processi di fusione nucleare all’interno delle stelle, e nemmeno nelle esplosioni di supernova, ma deve essere stato prodotto da eventi ancora più cataclismatici.
Eventi come il lampo di raggi gamma GRB 130603B, che lo scorso mese ha irradiato nel cielo per brevi istanti la sua immensa energia, registrata dal satellite Swift della NASA. In questo caso il lampo è stato provocato dalla collisione di due stelle di neutroni, ovvero la fusione dei nuclei residui di due stelle precedentemente esplose in supernove. Un gruppo di ricerca dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA) ha usato il telescopio spaziale Hubble per studiare il GRB alcuni giorni dopo l’esplosione, avvenuta a una distanza di 3,9 miliardi di anni luce da noi, uno dei più vicini lampi di raggi gamma visti finora.
Anche se l’emissione altamente energetica in raggi gamma è scomparsa rapidamente, durando appena due decimi di secondo, GRB 130603B ha mostrato un’emissione residua – il cosiddetto afterglow – dominata da luce infrarossa, che si è spenta lentamente nel giro di qualche giorno.
Un comportamento tutt’altro che tipico, che ha portato i ricercatori a concludere che il “bagliore” protratto per giorni nel luogo in cui si è verificata l’esplosione in raggi gamma può indicare la creazione di una considerevole quantità di elementi pesanti, incluso l’oro.
“Abbiamo stimato che la quantità di oro prodotta ed espulsa durante la fusione delle due stelle di neutroni può essere dell’ordine di dieci masse lunari: un bel mucchio di gioielli!” ha detto Edo Berger del CfA, presentando i risultati ottenuti dal suo team durante una conferenza stampa.
Il tipico afterglow che si osserva associato a un GRB è originato da un flusso di particelle sparate ad alta velocità nell’ambiente circostante. Secondo i ricercatori, l’emissione residua del GRB 130603B si è invece comportata come se provenisse da qualche esotico elemento radioattivo. Il materiale espulso dalle stelle di neutroni in collisione può generare tali elementi, che sono poi sottoposti a un decadimento radioattivo, emettendo un bagliore dominato da luce infrarossa. Esattamente ciò che è stato osservato.
“Eravamo alla ricerca della ‘pistola fumante’ per collegare un’esplosione breve di raggi gamma alla collisione di stelle di neutroni. Il bagliore radioattivo di GRB 130603B può rappresentare quella prova certa che mancava.” ha spiegato Wen-fai Fong, una giovane dottoranda co-autrice della ricerca.
Il gruppo di ricerca ha calcolato che una quantità di materiale pari a circa un centesimo la massa del Sole è stata espulsa dal lampo di raggi gamma, parte del quale era, appunto, oro. Combinando le stime dell’oro prodotto da un singolo GRB breve con il numero di tali esplosioni che si ritiene siano avvenute in tutto il tempo di esistenza dell’Universo, la conclusione è che tutto l’oro del cosmo potrebbe provenire dai lampi di raggi gamma.
“Per parafrasare Carl Sagan”, ha concluso Berger, “noi siamo fatti della materia delle stelle, e la nostra gioielleria è fatta della materia delle stelle che si scontrano”.
Il lavoro del gruppo di ricerca del CfA è stato sottoposto per la pubblicazione su The Astrophysical Journal Letters ed è disponibile on-line.