“I Love Q”. Inizia così, in modo decisamente poco convenzionale e un po’ ammiccante, il titolo di un articolo appena pubblicato sulla prestigiosa rivista Science. La frase, per i non addetti ai lavori, sembrerebbe fuori luogo, ma è solo un gioco di parole che in realtà indica tre parametri fondamentali che descrivono oggetti celesti tra i più estremi che si conoscano, ovvero le stelle di neutroni e le stelle di quark. “I” infatti sta per il momento di inerzia, Love sta per il cosiddetto numero di Love, che indica la deformabilità della stella e Q il momento di quardupolo che nasce dalla perdita della simmetria sferica della stella deformata e che determina l’intensità della radiazione gravitazionale emessa dalla stella rotante.
Tre valori legati alle proprietà dinamiche e rotazionali di questi oggetti celesti e in linea di principio osservabili, che Kent Yagi e Nicolas Yunes del Montana State University (gli autori del lavoro) hanno messo in relazione risolvendo le equazioni di Einstein per oggetti così estremi. I risultati ottenuti, limitati a stelle di neutroni che ruotano non troppo velocemente, ovvero entro qualche centinaio di giri ogni secondo, indicano che la correlazione tra I, Q e numero di Love trovata è universale, non dipende cioè dalle proprietà della materia all’interno della stella di neutroni. Un risultato importante poiché allo stato attuale delle nostre conoscenze possiamo solo ipotizzare quelle che sono le condizioni estreme di temperatura, densità e pressione dei mattoni che compongono le stelle di neutroni, modellandole attraverso le cosiddette equazioni di stato. Se quindi per una stella di neutroni si riesce a misurare una di queste tre quantità, le altre due vengono ricavate immediatamente e senza coinvolgere la sua equazione di stato, a patto però di conoscere anche la massa di quell’oggetto celeste.
Il passaggio dalla teoria del lavoro di Yagi e Yunes alla pratica, ovvero alla effettiva misurazione di questi parametri e al loro confronto con le predizioni della relazione I-Love-Q, è però ancora di là da venire. Ma gli astrofisici sono convinti che promettenti sviluppi in questo settore potranno arrivare nei prossimi anni dai futuri osservatori per le onde gravitazionali di origine cosmica, come la seconda generazione degli interferometri terrestri VIRGO e LIGO e quello spaziale LISA, che in potenzialmente potrebbero riuscire a misurare il valore del parametro Q in sistemi composti da due stelle di neutroni.
“L’aspetto più interessante del lavoro di Yagi e Yunes è quello di aver mostrato che le relazioni che legano il momento di inerzia, il numero di Love e il momento di quadrupolo sono differenti a seconda che la stella sia una stella di neutroni “tradizionale” (ovvero i cui costituenti sono in larga misura neutroni) o una cosiddetta stella di quark (costituita da una miscela di quark up, down e strange deconfinati)” commenta Ignazio Bombaci, professore del Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa. “L’ esistenza in natura delle stelle di quark, ipotizzate indipendentemente da Arnold R. Bodmer nel 1971 e da Eduard Witten nel 1984, a tutt’oggi non è stata né confermata né confutata. Le relazioni I-Love-Q potrebbero quindi contribuire a risolvere questo mistero della moderna astrofisica”.