DOVE LO SPAZIO SI FA GRANULARE

Laggiù al fondo della scala di Planck

Cosa ne è delle leggi della fisica quando consideriamo scale infinitesimali, quali per esempio quella dell’universo degli istanti iniziali? Ne parliamo con Fabio Scardigli, autore insieme a Petr Jizba di un articolo appena uscito su EPJ C.

     31/07/2013

img-foamPer sbrogliare la complessità delle leggi dell’universo, sono scesi così giù che più giù non si potrebbe. Giù fino all’ultimo gradino della scala di Planck, fino a quel 10 elevato alla meno 33 centimetri che rappresenta le colonne d’Ercole dello spazio misurabile. E una volta giunti laggiù, immersi fino ai capelli nella schiuma spazio temporale, hanno scoperto che la relatività speciale di Einstein – in teoria valida a ogni scala – potrebbe essere una proprietà emergente.

L’argomento è di quelli ostici. Per cercare di capirne qualcosa, risaliamo qualche gradino verso l’alto, e andiamo a conoscere i due esploratori dell’infinitamente piccolo protagonisti di quest’avventura in bilico tra fisica teorica e matematica: Petr Jizba, associato presso la Czech Technical University di Praga, e l’italiano Fabio Scardigli, fisico da poco rientrato dal Giappone, dove ha lavorato per anni all’Università di Kyoto, e attualmente in forze al Politecnico di Milano. Insieme hanno firmato un articolo, pubblicato su European Physical Journal C, nel quale mostrano come la combinazione fra due capisaldi della fisica contemporanea – la relatività speciale di Einstein e la dinamica quantistica – sia identica, da un punto di vista matematico, a un sistema dinamico complesso descritto da due processi interconnessi che operino a diverse scale di energia.

«Dal nostro studio risulta che la relatività speciale – che come viene insegnato all’università è una teoria fondamentale e dovrebbe essere valida a ogni scala – in realtà potrebbe essere una proprietà emergente. Quello che troviamo è che, a piccolissima scala, la natura è ancora governata dalla fisica classica di Newton. È solo a scala più grande che recuperiamo l’azione dell’invarianza di Lorentz e quindi l’azione della relatività speciale», spiega Scardigli a Media INAF. «In altre parole, la relatività speciale vale solo quando una particella compie un cammino sufficientemente lungo».

Una prospettiva, questa di Jizba e Scardigli concentrata sulla scala di Planck, che arriva a contemplare persino l’asimmetria fra materia e antimateria. «Quando l’universo è nato era per definizione molto piccolo. Se fosse stato così piccolo da essere nell’ordine della scala di Planck o poco più, ecco che dal nostro approccio risulta che, a quell’epoca, le equazioni che governavano il mondo non sarebbero state quelle della relatività speciale, che prevedono una così perfetta simmetria fra materia e antimateria. Al contrario, erano equazioni in cui questa simmetria non c’è, in cui la materia è una cosa e l’antimateria un’altra. Se le cose stavano effettivamente così, allora si può cominciare a capire perché c’è soltanto la materia, invece di esserci materia e antimateria in parti uguali».

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