A conferma che l’astronomia non va mai in vacanza: mentre noi boccheggiamo per la calura estiva, un gruppo di astronomi ci racconta su Nature di come, usando il telescopio spaziale Hubble, ha messo la parola fine a uno dei più annosi interrogativi dell’astrofisica delle alte energie: che cosa provochi i gamma ray burst brevi, lampi di raggi gamma della durata di pochi secondi che attraversano l’Universo, spesso seguiti da un fioco bagliore in luce visibile o infrarossa, un afterglow che può durare da qualche ora a qualche giorno.
Da tempo si pensa che l’origine di questi eventi sia la fusione tra due oggetti molto compatti, per esempio due stelle di neutroni o una stella di neutroni e un buco nero. In particolare si pensa che questo tipo di eventi produca un’ondata di radiazione gravitazionale che perturba lo spazio tempo, e culmina in una emissione di materiale altamente radioattivo che si riscalda e si espande. Secondo le previsioni teoriche, la fusione di due oggetti molto compatti dovrebbe produrre una particolare esplosione stellare detta “kilonova”: mille volte più luminosa di una nova (l’evento legato all’esplosione di una nana bianca) ma da un decimo a un centesimo della luminosità di una supernova, che è l’esplosione finale di una stella di grande massa). Recenti teorie (in particolare, quella proposta da un paper di Jennifer Barnes e colleghi su Science) prevedono che l’emissione visibile della kilonova debba esaurirsi nel giro di poco tempo per essere sostituita da una forte emissione nel vicino infrarossa della durata di alcuni giorni: questo perché il plasma ad alta temperatura responsabile della radiazione finisce per bloccare la luce visibile.
La ricerca di Nial Tanvir dell’Università di Leicester e dei suoi colleghi fornisce la prima vera e propria pistola fumante a supporto di questa teoria, individuando con certezza la kilonova associata a un gamma ray burst di breve durata. I ricercatori hanno sfruttato l’opportunità offerta da un potente gamma ray burst catturato lo scorso 3 giugno dal telescopio orbitante della NASA Swift, catalogato come GRB 130603B, proveniente da una galassia a circa 4 miliardi di anni luce da noi. In un classico gioco di squadra, il suo afterglow in luce visibile era stato individuato poco dopo dal telescopio spaziale Herschel, e la distanza appurata da terra usando il Gran Telescopio Canarias. A quel punto, i ricercatori hanno puntato Hubble nella regione dell’emissione a caccia dell’emissione infrarossa, che hanno individuato proprio al livello di energia previsto dalle teorie, e che è scomparsa nel giro di poche settimane: il 3 luglio non se ne vedeva più traccia, confermando quindi che si trattava della conseguenza di un evento esplosivo.
Confermato il modello teorico, restano pochi dubbi a questo punto che i gamma ray burst di breve durata siano la conseguenza di esplosioni dovute alla fusione di oggetti molto compatti. Quanto a quelli più lunghi, la cui durata supera i due secondi, si pensa invece che siano dovuti al collasso gravitazionale di stelle di grande massa.
Per saperne di più:
- Leggi “A ‘kilonova’ associated with the short-duration γ-ray burst GRB 130603B“, di N. R. Tanvir, A. J. Levan, A. S. Fruchter, J. Hjorth, R. A. Hounsell, K. Wiersema & R. L. Tunnicliffe