Se fosse un gioco avrebbero fatto Bingo. Ma per gli studenti in astrofisica scandinavi che hanno partecipato a una scuola estiva organizzata dal Niels Bohr Institute di Copenhagen la soddisfazione è stata di avere contribuito alla scoperta di qualcosa mai visto prima: la riflessione di un lontano quasar in 6 immagini distinte a causa dell’effetto lente gravitazionale.
Gli studenti si trovavano per una settimana di studio all’isola di La Palma, alle Canarie, sulla cui sommità sono collocati diversi telescopi, tra cui il NOT, Nordic Optical Telescope, un telescopio ottico/infrarosso di 2,6 metri di diametro gestito da un consorzio di paesi scandinavi. L’attenzione dei ragazzi si è subito focalizzata su una zona di cielo in cui l’astronomo norvegese Håkon Dahle aveva recentemente individuato la presenza di effetti di lente gravitazionale, che si creano quando la luce di una sorgente lontana viene distorta e riflessa dalla gravità di una grande massa che si interpone tra la sorgente e la Terra.
La prima notte di osservazioni al NOT è stata subito piena di soprese per gli intraprendenti ragazzi. “Avevamo tre ore per osservare, e già dopo un’ora avevamo ottenuto il primo spettro”, ricorda Thejs Brinckmann, uno degli studenti partecipanti al progetto. “Era un’esperienza nuova per noi, ma abbiamo realizzato immediatamente che si trattava di un quasar, grazie alle caratteristiche tipiche delle righe di emissione visibili negli spettri. Subito ci siamo mossi verso altri ‘candidati’ e più tardi nella notte abbiamo trovato un’altra luce riflessa del quasar”.
La luce analizzata dagli studenti proveniva dunque da un quasar, un buco nero super-massiccio e “super-vorace” al centro di una galassia molto distante. “La luce di questo quasar ha viaggiato per più di 11 miliardi di anni prima di arrivare alla Terra”, spiega Johan Fynbo, professore al Dark Cosmology Centre dell’Università di Copenhagen e supervisore degli studenti. “Fra il quasar e la Terra si trova un massiccio raggruppamento di centinaia di galassie che possiede una tale forza di gravità da deviare la luce del quasar. Così, invece di irradiarsi in linea retta, la luce del quasar viene deflessa in un arco attorno all’ammasso di galassie. In questo modo possiamo osservare non solo una ma diverse immagini dello stesso quasar, quello che viene appunto definito come effetto lente gravitazionale”.
Dalle loro notti di osservazione, gli studenti avevano ricavato che tre diverse immagini erano originate dal quasar. Venuto a conoscenza dei loro risultati, Håkon Dahle, l’astronomo norvegese che per primo aveva individuato le sorgenti, decise che valeva assolutamente la pena di approfondire l’analisi di quella peculiare zona di cielo. Scelta opportuna, visto che da successive osservazioni è risultato che ci sono altre tre immagini riflesse dello stesso quasar, meno evidenti delle prime.
“Questa è la prima volta che è stato osservato un quasar la cui luce sia stata riflessa dall’effetto lente gravitazionale in sei differenti immagini”, puntualizza Johan Fynbo. Fenomeni di questo tipo sono raramente visibili per un quasar e generalmente producono due o tre immagini di luce riflessa.
Secondo i ricercatori questa scoperta non è una semplice curiosità, ma costituisce un laboratorio ideale per indagare alcuni aspetti cosmologici. Per esempio si può calcolare il modello geometrico del percorso seguito dalla luce, che impiega tempi diversi per generare ciascuna riflessione. Oppure studiare le proprietà della materia – compresa quella oscura – al centro dell’ammasso di galassie, per verificarne i modelli di formazione. E anche, grazie al calcolo preciso del parametro di Hubble, sapere qualcosa in più sull’espansione dell’Universo.
Lo studio SDSS J2222+2745: A Gravitationally Lensed Sextuple Quasar with a Maximum Image Separation of 15.”1 Discovered in the Sloan Giant Arcs Survey, di H. Dahle et al. è in corso di pubblicazione su The Astrophysical Journal.