“It’s sensational!” è stata la immediata e spontanea reazione di Nature, la più importante rivista scientifica internazionale, alla notizia della nomina dei quattro senatori a vita da parte del Presidente Napolitano. Il mondo che ci guarda, sempre, questa volta ha ricevuto quattro biglietti da visita che fanno ricordare a tutti l’Italia del Rinascimento, l’Italia dove la Cultura con la C maiuscola copre arte, musica, scienza, come per Leonardo o Galileo, quando l’Italia seppe esportare la cultura in tutta Europa.
Una volta tanto, niente nomine di elefanti bianchi della politica, da misurare con il bilancino o meglio con il goniometro per gli angoli occupati nell’emicilo. Un gesto forte da parte del Presidente, un gesto di chi ha saputo dove trovare, a colpo sicuro, quei nomi che tutto il mondo, la fuori, può solo apprezzare, ammirare e forse anche invidiare. Tutta gente, Abbado, Cattaneo, Piano e Rubbia, noti in Europa e nel mondo forse ancora di più che in Italia, proprio perché nel mondo globale, quello della cultura, loro quattro si muovono in modo naturale, da sempre. Lo so che i senatori a vita sono fatti per il Paese, e questi quattro, in particolare, al nostro Paese sapranno molto bene cosa dare, ma certo la proiezione dell’immagine dell’Italia nel mondo deve essere stata presente nelle scelte del Quirinale. Un segnale che suscita entusiasmo nella parte migliore dell’Italia, quella che crede nella cultura, cioè quella cosa che fa da denominatore comune ad arte e scienza e della quale la politica si deve, o si dovrebbe, nutrire. E se qualcuno non lo capisce e avrebbe voluto nomine un po’ retrò o impossibili, poco male: de minimis non curat praetor: nel mondo che conta, là fuori, nomi come Santanchè o Calderoli sono, per nostra fortuna, ignorati, così come i loro commenti.
Inutile, forse presuntuoso da parte mia parlare in dettaglio dei meriti di Renzo Piano o di Claudio Abbado. Come tutti, appassionato ma sprovveduto, ammiro le proporzioni di un edificio o di una esecuzione musicale. Come tutti, mi sforzo di capire il messaggio intenso, di arte, di lavoro, di sacrificio, di gioia e di molto altro, che viene da chi sa creare, come loro due. Ma ho la fortuna di un rapporto diretto, quasi di amicizia, con Rubbia, il fisico dagli occhi di ghiaccio. Tutto il mondo scientifico lo chiama Carlo, semplicemente, e lo rispetta forse più di quanto lo ami, ma certo meno di quanto lo tema. Per il suo ruolo, in Senato, mi viene in mente il paragone con quello che fu, per la politica USA di Ronald Reagan, il ruolo di un altro Nobel per fisica, Richard Feynman: da solo, rivoltò la NASA come un calzino, lasciando sul terreno, già che c’era, alcuni generali che tentavano di difenderla…Carlo è un uomo che sa pensare come pensa un elettrone, se vuole, e per di più te lo sa spiegare e far vivere, ma ha un anche un bagaglio mondiale di esperienza di gestione della ricerca, dalla più fondamentale fino alle applicazioni per tutti. E tutti sappiamo quanto la nostra politica abbia bisogno di attenzione alla ricerca.
Con Elena Cattaneo, a 51 anni il più giovane senatore a vita della storia della Repubblica, il Quirinale ha fatto una scelta esplicitamente rivolta al futuro e fondata sulla passione per la ricerca. Così giovane e già così interdisciplinare, verrebbe da dire, Elena ha saputo mettere insieme scoperte mondiali nella comprensione di malattie difficilissime, come il morbo di Huntington, con la capacità di creare un gruppo italiano, e adesso europeo, per la ricerca sulle (e con le) cellule staminali. Le ho appena parlato, e sentivo nella sua voce un po’ incrinata l’emozione di essere proprio lei a raccogliere, idealmente, la impegnativa eredità di Rita Levi Montalcini nel difficilissimo mondo, specie in Italia, della ricerca e della politica sulle scienze della vita. Elena, intensamente cattolica, ha saputo guadagnarsi sul campo il rispetto di tutto il mondo per le sua battaglie sulla mancanza, in Italia, di libertà di ricerca sulle staminali, condotta alla luce del sole, davanti a tutto il mondo proprio sulle pagine di Nature. Elena è anche il tipo che, tutti gli anni, raccoglie all’Università di Milano, migliaia di studenti pre-universitari in eventi nei quali sa loro comunicare, in modo entusiasta, cosa voglia dire fare ricerca. E molti di loro, sono sicuro, hanno preso la strada degli studi scientifici grazie a lei.
Difficile immaginare una scelta migliore di quella, forte e coraggiosa, del Presidente Napolitano, se uno ha a cuore il futuro del nostro paese. Certo, i ricercatori si sentono, da oggi, molto meno soli, ma soprattutto la scala di valori sulla quale misurare il nostro impegno per il futuro è da oggi cambiata, per sempre.
L’editoriale di Giovanni Bignami su La Stampa