Brutte notizie in arrivo da Denver per i fan di Armageddon: tentare di distruggere – o quanto meno di deviare – con un ordigno esplosivo un asteroide in avvicinamento potrebbe rivelarsi una cura peggiore del male. È quanto conclude Apostolos Christou (sì, si chiama proprio così), ricercatore presso l’Armagh Observatory (UK), al termine del suo talk dal titolo “A Genetic Cluster of Martian Trojan Asteroids”, presentato al Congresso annuale della AAS Division for Planetary Sciences, in corso in questi giorni nella capitale del Colorado.
A dire il vero, la presentazione di Christou – già oggetto d’una pubblicazione uscita lo scorso mese di maggio su Icarus – non riguarda direttamente il nostro pianeta, bensì Marte. E in particolare il punto lagrangiano L5 dell’orbita marziana, dove lo stesso Christou ha individuato un anomalo addensamento d’asteroidi: almeno sei, cinque dei quali hanno tutta l’aria d’aver fatto parte, in passato, d’un unico corpo celeste.
I sei pietroni presenti in L5, insieme a un settimo che si trova invece in L4, sono asteroidi troiani: vale a dire corpi celesti che condividono l’orbita d’un pianeta, in questo caso Marte. E fin qui nulla di strano: anche Giove, Nettuno, Urano e persino la Terra hanno compagni di viaggio che li seguono – o li precedono – nella loro rivoluzione attorno al Sole. Ciò che invece ha suscitato la curiosità di Christou è che le orbite di cinque dei sei troiani presenti in L5 sono tutte condensate attorno a quella di uno di essi, Eureka. «È difficile credere che sia dovuto al caso», spiega Christou. «Ciò che osserviamo oggi dev’essere l’esito di un qualche processo avvenuto in passato». E l’evento più probabile, per spiegare l’anomala configurazione, è che si sia verificata una serie di collisioni fra asteroidi, l’ultima delle quali tale da produrre frammenti sufficientemente piccoli (al di sotto del chilometro) e con velocità d’allontanamento ridotta al punto (non più d’un metro al secondo) da dare origine al “cluster di Eureka”.
Un esito simile, nota Christou, a quello che potremmo ottenere piazzando cariche esplosive nei pressi d’un asteroide allo scopo di deviarne l’orbita. «Invece di modificarne il tracciato, potremmo finire per frantumarlo in più parti. Trasformandolo così in una “bomba a grappolo” cosmica, in grado di provocare distruzione in modo diffuso sul nostro pianeta». Ebbene, conclude Christou, i troiani di Marte hanno le dimensioni ideali per studiare i possibili effetti di strategie d’intervento basate sulla forza bruta. Bruce Willis è avvisato.
Per saperne di più:
- Leggi su Icarus l’articolo “Orbital clustering of martian Trojans: An asteroid family in the inner Solar System?”, di Apostolos A. Christou