Una stella di neutroni per rendere più brillanti le supernovae. È quanto ipotizza un lavoro pubblicato su Nature da un team internazionale di astronomi, guidato da Matt Nicholl della Queen’s University di Belfast e del quale fanno parte ricercatori dell’INAF degli Osservatori di Padova e di Capodimonte.
Questo studio infatti fornisce nuovi indizi sui meccanismi che regolano le più potenti e brillanti esplosioni di supernovae mai osservate. Diversamente da quanto si pensava in precedenza, i dati raccolti per due eventi di supernova super-luminosa suggeriscono che sia la presenza di una stella di neutroni in rapida rotazione e con un forte campo magnetico a illuminare questi potenti fari nel cielo, centinaia di volte più brillanti delle normali SN.
L’enorme energia liberata durante l’esplosione di supernova proviene da diversi meccanismi fisici legati al collasso del nucleo stellare, al successivo innesco di un processo termonucleare catastrofico che disintegra la stella e al successivo decadimento radioattivo di alcuni elementi chimici prodotti. Tuttavia tutto questo non basta a spiegare la comparsa di supernovae super-luminose come quelle studiate nell’articolo di Nature, che hanno bisogno di qualche altro “ingrediente”.
Finora, sulla base di modelli teorici, si è ipotizzato che queste spettacolari esplosioni fossero generate da stelle super-massicce, cento volte o più la massa del Sole, nel cui nucleo avviene la formazione di coppie di particelle elettrone-positrone, con un meccanismo che gli astrofisici chiamano instabilità di coppia (pair-instability). Secondo questi modelli le SN super-brillanti dovrebbero salire di luminosità e poi affievolire lentamente, sostenute nel tempo dal decadimento radiattivo del nichel che è sintetizzato in grandi quantità.
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Le supernovae super-luminose studiate da Nicholl e colleghi – due tra i più brillanti eventi mai registati dagli astronomi – sono in effetti caratterizzate da una lenta decrescita della luminosità. Tuttavia, grazie al tempestivo avvio di una intensa campagna osservativa che ha coinvolto anche il Telescopio Nazionale Galileo operativo a La Palma e il telescopio Copernico dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Padova ad Asiago, si è misurato un rapido aumento iniziale della luminosità e un colore decisamente blu, caratteristiche che non rientrano nel modello teorico delle esplosioni di stelle super-massicce. Al contrario, questi dati sperimentali concordano con un modello che prevede l’esplosione di una stella di dimensioni più modeste, dieci o quindici masse solari, e con la trasformazione del suo nucleo in una stella di neutroni caratterizzata da un forte campo magnetico (una magnetar). La stella di neutroni, tramite il campo magnetico, può trasmettere la sua energia rotazionale all’evento di supernova che di conseguenza ci appare estremamente brillante.
Il fenomeno è da approfondire perché un meccanismo di questo tipo, anche se su scale più ridotte, dovrebbe essere presente in tutte le esplosioni che portano alla formazione di una stella di neutroni. Sarà quindi interessante riuscire a scovare gli indizi della sua presenza nei dati di altre supernovae.
* Co-autori dello studio – INAF – Osservatori Astronomici di Padova e di Capodimonte