Fra gli ingredienti dei getti relativistici ci sono anche nuclei di ferro e nichel. Particelle massicce, dunque, anzi decisamente pesanti, sparate nello spazio come pallottole a velocità prossime a quella della luce. Una scoperta destinata ad avere importanti conseguenze per l’astrofisica delle alte energie. A firmarla, sulle pagine di Nature, un team guidato da María Díaz Trigo, dell’ESO.
È da parecchi anni che gli astronomi sanno della presenza, nei jet provenienti dai buchi neri, di particelle di piccola massa, come elettroni e positroni. Volgendo però verso i dintorni di 4U 1630-47, un buco nero di tipo piuttosto comune, l’occhio sensibile ai raggi X del telescopio spaziale XMM-Newton dell’ESA e l’orecchio radio di ATCA (l’Australia Telescope Compact Array), Trigo e colleghi hanno dimostrato per la prima volta che il jet è formato anche da atomi pesanti.
«Quello che abbiamo studiato», spiega ai microfoni di Media INAF Simone Migliari, dell’Università di Barcellona (Spagna), fra i coautori della ricerca, «è una binaria X: un oggetto presente nella nostra galassia formato da un buco nero e una stella normale, tipo il Sole. Ciò che succede è che il buco nero attrae materia dalla stella compagna, forma un disco – che noi chiamiamo disco d’accrescimento – e da questo esce un getto relativistico. La domanda era: questi getti espellono solo materiale leggero, come elettroni e positroni, o anche materiale pesante, come protoni o addirittura interi nuclei? Ebbene, quello che abbiamo rilevato è la presenza di nuclei del ferro e del nichel, emessi a velocità prossime a quella della luce, espulsi dal sistema con il getto».
Un atomo di ferro, vale la pena sottolinearlo, è parecchio più massiccio d’un elettrone: circa 100 mila volte. Ora, se teniamo presente che l’energia in gioco dipende dalla massa e dalla velocità, e che questi jet viaggiano a circa due terzi della velocità della luce (dunque attorno ai 200 mila km/s), è facilmente intuibile che stiamo parlando d’una scoperta che può avere importanti conseguenze sui modelli astrofisici. Non solo: sebbene questa sia la seconda volta che atomi pesanti vengono individuati in un getto relativistico, il precedente riguardava un esemplare – il microquasar SS 433 – assolutamente sui generis. Al contrario, 4U 1630-47 è talmente comune, come buco nero, da giustificare un’estrapolazione del suo comportamento a un’intera classe d’oggetti, pur con tutte le cautele del caso.
E quali sarebbero le implicazioni principali della presenza di nuclei pesanti nei getti relativistici? «Anzitutto, riguardano il processo di formazione del getto stesso, che alla luce delle nostre osservazioni vede favoriti i modelli nei quali verrebbe emesso direttamente dal disco d’accrescimento», spiega Migliari, «senza la necessità di far ricorso al buco nero. In secondo luogo, implica che questi getti portano via significativamente molta più energia dal sistema di quanto non facciano i getti leggeri, composti solo da elettroni e positroni: energia che viene depositata nell’ambiente circostante (mezzo interstellare) invece che essere usata per accrescere il buco nero. Infine, suggerisce che i getti possono essere una sorgente importante per alcune fra le particelle più energetiche osservate sulla Terra, nonché di raggi gamma – come quelli rilevati da Fermi, AGILE, HESS, MAGIC e, prevediamo, da missioni future come CTA – e neutrini, obiettivo questi ultimi di rivelatori come ICECUBE o dei futuri telescopi Čerenkov sottomarini».
Per saperne di più:
- Ascolta l’intervista rilasciata a Media INAF da Simone Migliari
- Leggi su Nature l’articolo “Baryons in the relativistic jets of the stellar-mass black-hole candidate 4U 1630-47”, di María Díaz Trigo, James C.A. Miller-Jones, Simone Migliari, Jess W. Broderick e Tasso Tzioumis