Se cadiamo e ci sbucciamo un ginocchio, sanguiniamo finché non comincia la coagulazione del sangue: grazie a un processo chiamato emostasi, quando le cellule epiteliali vengono danneggiate sono in grado di rigenerarsi. Immaginate ora che un materiale artificiale possa fare la stessa cosa. In particolare, un materiale spedito nello spazio. È l’idea di un gruppo di studenti di ingegneria dell’università canadese Concordia, che ha progettato un satellite fatto di strutture auto-rigeneranti e ora sta raccogliendo fondi per realizzarlo.
Si chiama Con-Sat2 e il suo obiettivo è testare gli effetti del vuoto cosmico su un materiale potenzialmente rivoluzionario, fatto di fibra di carbonio e resina epossidica. Un satellite rivestito di questo materiale, se danneggiato mentre è in orbita, potrebbe trasportare un “agente curante” sull’area da riparare, usando le microcapsule contenute nella resina. A quel punto si svilupperebbe una reazione chimica in grado di aggiustare la struttura deteriorata.
Oggi ci sono più di 300 milioni di oggetti che orbitano attorno alla Terra. Alcuni di questi sono rottami di vecchi satelliti ormai inattivi, altri sono micrometeoriti che pur essendo molto piccoli viaggiano ad altissime velocità. È quindi decisamente alta la probabilità che un nuovo satellite lanciato nello spazio venga colpito da uno di questi oggetti, che possono causare danni anche gravi alle strutture. Come nel caso emblematico dell’esperimento Long Duration Exposure Facility (LDEF), una piattaforma cilindrica grande quanto un autobus lanciata dalla NASA nel 1984 e lasciata nello spazio per oltre 5 anni: durante il suo periodo in orbita subì circa 3.800 impatti, e la maggior parte dei danni fu causata da particelle più piccole di un millimetro.
Il gruppo di studenti, che si è dato il nome di Space Concordia, aveva già raggiunto un primo successo nel settembre del 2012 con la vittoria di un concorso per la progettazione di un satellite, ConSat-1, che dovrebbe essere incluso nel prossimo programma di lancio dell’Agenzia Spaziale Europea. Ora il secondogenito ConSat-2, per vedere la luce, dovrà riuscire a raccogliere almeno 15.000 dollari di finanziamento: per questo è stata messa in piedi una piattaforma online di crowdsourcing, che fino ad ora ha già raggiunto circa il 92% del totale.
“Questa giovane squadra di ragazzi sta costruendo qualcosa di piuttosto straordinario” ha commentato Marc Garneau, primo canadese mai stato nello spazio ed ex Presidente della Canadian Space Agency. “Stanno facendo il design, i controlli, tutti i test necessari, e avranno un prodotto pronto per andare nello spazio”.
Resta da vedere se il materiale “rigenerante”, che non è mai stato prima in orbita, sia davvero in grado di funzionare anche alle bassissime densità dello spazio cosmico. A giudicare dalla storia di Con-Sat2, gli studenti della Concordia sono determinati a scoprirlo.