Il concetto di panspermia ha le sue origini nell’antica Grecia, con Anassagora, ma è soprattutto alla fine del secolo scorso che ha ripreso vigore grazie all’astronomo Fred Hoyle. Il concetto si basa sull’idea che la vita sulla Terra sia arrivata dall’esterno, dalle comete come dagli asteroidi. Insomma esiste una diffusione tale delle molecole della vita nell’universo che queste non solo avrebbero “fecondato” il nostro pianeta, ma potrebbero averlo fatto in moltissimi altri luoghi.
Fin qui non si dice nulla di particolarmente nuovo. Ma certo comincia a destare un certo interesse conoscere i molteplici meccanismi con cui i “semi” della vita potrebbero propagarsi, rendendo la vita stessa più difficilmente individuabile come autoctona. E’ l’oggetto di uno studio di un team di ricercatori della University Park della Pennsylvania, che si è posto il quesito se l’impatto di grandi meteoriti avrebbe potuto produrre residui scagliati nello spazio capaci di contaminare il Sistema solare.
Recentemente un chimico e astrobiologo americano, Steve Benner, aveva ipotizzato che la vita sulla Terra potesse aver avuto origine da Marte, da un residuo del pianeta rosso prodotto in seguito a un impatto cometario e scagliato verso il nostro pianeta (vedi Media INAF). Lo stesso, dicono i ricercatori dell’University Park, potrebbe essere capitato con le lune di Giove e Saturno. In sostanza, l’immenso meteorite che ha portato all’estinzione dei dinosauri potrebbe aver scagliato a sua volta detriti nello spazio che avrebbero potuto raggiungere Saturno e le sue lune, mentre meteoriti prodotti da impatti sul suolo di Marte avrebbero potuto raggiungere Giove e le sue lune.
In sostanza, dicono i ricercatori, a determinate condizioni, seppur rare, sia la Terra che Marte avrebbero potuto dare la vita alle lune di Saturno e di Giove. Inoltre, suggerisce il team di astronomi, le lune di Saturno e di Giove Titano, Callisto ed Europa, all’epoca in cui potrebbe essersi prodotta questa panspermia grazie agli impatti da asteroidi, avrebbero potuto avere, stando agli studi disponibili, acqua liquida sulla superficie, capace di accogliere i “semi”.
Ovviamente gli astronomi americani sottolineano come la possibilità che l’elemento vitale potesse sopravvivere a tale viaggio va oltre la portata dei loro studi, ma affermano che la ricerca della vita su queste lune dovrà anche porsi l’interrogativo circa la sua possibile origine, ovvero se sia autoctona o invece il prodotto d’una colonizzazione terrestre e/o marziana.
Sempre ammesso che noi non si sia marziani.
Per saperne di più:
- Leggi su Astrobiology l’articolo Seeding Life on the Moons of the Outer Planets via Lithopanspermia, di R.J. Worth, Steinn Sigurdsson e Christopher H. House