“Vi farò vedere cose che voi umani…” A prometterlo, questa volta, è un buffo fotone, Dakhino, protagonista di un cartone animato divulgativo che, dopo aver lasciato la stella progenitrice, si propaga attraverso la nostra galassia insieme a un gruppo di amici per poi cadere nelle braccia del satellite Gaia. Il progetto è dell’INAF di Torino, ed è stato realizzato per l’Agenzia spaziale italiana da Maga Animation Studio.
Media INAF ha chiesto a Massimo Carrier Ragazzi, produttore Esecutivo e direttore creativo di Maga Animation, in quali progetti sono coinvolti e come è nato questo short comic.
«Collaboriamo con importanti partner italiani e internazionali, tra cui Rai Fiction, France Television, The Walt Disney Company e Nintendo. La nostra esperienza professionale, consolidata in quasi vent’anni di attività, è focalizzata proprio nella creazione ed animazione di characters. Per Disney Channel abbiamo avuto la grande opportunità di animare per commercials, promo, interstitials e serie TV, personaggi in 2D tradizionale o CGI 3D come Paperino, Topolino, Pluto, Handy Manny e molti altri. Anche con RAI c’è un’ottima sinergia, da anni co-produciamo serie Tv, una di queste si chiama Acqua in Bocca, creata e diretto con il regista Guido Manuli. Nel 2012, per Disney Channel EMEA, abbiamo realizzato la parte di animazione in motion graphics di una serie TV internazionale con Winnie the Pooh, “The Tales of Friendship”, un progetto condiviso con piacere con due studi partner inglesi di Cardiff, il team era composto da professionisti molto in gamba».
E ora Dakhino, il fotone protagonista del cortometraggio animato su Gaia. Che personaggio è?
«La particolarità d’un progetto come questo, che tratta d’argomenti scientifici, è che ci si trova a lavorare a stretto contatto con scienziati, con ricercatori. In questo caso, è stata Mariateresa Crosta dell’INAF di Torino, a guidare il nostro gruppo di creativi: tutti professionisti abituati a trattare qualsiasi tema in maniera corretta, intendiamoci, ma che mai s’erano trovati ad affrontare argomenti di questa complessità. Grazie a Mariateresa, abbiamo imparato un po’ d’astrofisica, un po’ di relatività, e alla fine siamo riusciti a dare una forma e un volto a Dakhino. Lo abbiamo animato in tecnica digitale 3D, con un taglio Disney comedy, e per farlo siamo riusciti persino a coinvolgere un bravissimo artista e character designer come Massimiliano Narciso, che abitualmente lavora per grandi major americane incluso Pixar: suo, per esempio, il design della graphic novel di Alice in Wonderland, la storia a fumetti tratta dal film di Tim Burton».
Lavorare con gli scienziati, che esperienza è stata?
«In generale è come lavorare con altre tipologie d’autori. Nel mio caso particolare, però, affascinato fin da piccolo dal concetto del volo, dello spazio che leggevo nei libri avuti in regalo dai miei genitori, è stata anche una bella opportunità per poter toccare da vicino questo mondo».
Alla fine, di quel che ha imparato, cos’è che più l’ha sorpresa?
«Be’, ad avermi colpito, per quanto possa sembrare banale, è questo fatto, che le stelle sono in continuo movimento: ecco, io pensavo costituisse un problema per calcolarne la distanza, mentre in realtà mi hanno spiegato che è esattamente il contrario, ed è proprio grazie al loro movimento che riusciamo a effettuare questo tipo di misure».
L’ideatrice del progetto “The History of Photons”, nonché l’autrice, insieme a Enrico Laterza, della sceneggiatura del primo cortometraggio animato già realizzato, “The Meaning of Light”, è Mariateresa Crosta, ricercatrice all’INAF di Torino. A lei abbiamo chiesto d’un’altra protagonista del corto, una donna. Chi è?
«Si chiama Zemyna, e rappresenta la scienziata in generale».
Zemyna scienziata in generale, ma i suoi tratti hanno qualcosa di familiare…
«È vero, in effetti potrei essere io, visto che entrambe ci occupiamo dei modelli relativistici che vengono usati nell’ambito di Gaia. Ma a parte alcuni tratti – primo fra tutti la sciarpa, dalla quale anch’io, come Zemyna, non mi separo mai – in lei non mi riconosco più di tanto. In realtà, l’ho pensata come tributo verso tutte le scienziate che lavorano alla missione. Non a caso, mentre tutti gli altri personaggi umani del cartone hanno nomi e cognomi reali di altrettanti scienziati di Gaia, Zemyna prende il nome da una dea lituana legata a Gaia, la dea madre».
Mettendo insieme tutti i tasselli, Gaia ha tutta l’aria di essere una missione molto al femminile. È così?
«Senza dubbio. Qui a Torino, oltre a me, c’è Deborah Busonero, che lavora alla calibrazione dello strumento. Nel team scientifico c’è Sofia Randich, astronoma dell’INAF di Arcetri. La deputy manager del DPAC (il centro per l’analisi e l’elaborazione dei dati) è Antonella Vallenari, dell’INAF di Padova. Alla guida di GREAT (il Gaia Research for European Astronomy Training), il team che si occupa della divulgazione scientifica di Gaia, c’è Gisella Clementini del’INAF di Bologna. E questo solo per limitarci all’Italia… ecco, Zemyna rappresenta un po’ la madre di noi tutte».
Guarda il trailer del cortometraggio: