Chi è interessato ai lampi gamma e segue le circolari GCN (Gamma-ray Coordinates Network) sa bene che ad ogni lampo gamma rivelato dal telescopio BAT (Burst Alert Telescope) di SWIFT segue la rivelazione, da parte del telescopio XRT (X-Ray Telescope), sempre a bordo di SWIFT, della luminescenza X che può essere più o meno brillante, può avere oppure no degli episodi di riaccensione, ma è sempre caratterizzata da una decrescita del flusso che si spegne nel giro di ore, giorni, settimane o mesi.
La non rivelazione di una controparte X è veramente eccezionale e quasi sempre dipende dalla impossibilità di puntare una determinata zona di cielo perché troppo vicina al Sole , alle Luna ecc. Tutto considerato, la probabilità che un lampo gamma abbia una controparte X supera il 95%, quindi è ragionevole assumere che tutti i lampi gamma abbiano una controparte X. Contemporaneamente alle osservazioni X, SWIFT raccoglie immagini ottiche e UV grazie ad un piccolo telescopio ottico ultravioletto, chiamato UVOT. Tuttavia, le limitate dimensioni di UVOT non lo rendono lo strumento ideale per studiare le controparti ottiche dei GRB e solo i lampi più brillanti in ottico vengono rivelati mentre per tutti gli altri, ben più numerosi, le GCN riportano la frase “no credible counterpat has been found” (by UVOT).
Più fortunati nella caccia alle controparti ottiche sono i telescopi a terra molto più grandi, quindi più sensibili. Anni di sforzi dedicati alla automatizzazione delle operazioni di molti telescopi permettono di effettuare le osservazioni ottiche immediatamente dopo l’allerta della rivelazione di un GRB. Questa sempre miglior “prontezza”, unita alla particolare cura nel cercare di puntare SWIFT in zone accessibili agli osservatori a terra, ha fatto crescere negli anni il numero dei lampi gamma rivelati in ottico che adesso si aggira intorno al 70%. Gli esperti fanno notare che, quando le osservazioni ottiche da terra iniziano entro 4 ore dal GRB, la percentuale di successo si attesta intorno al 90%. I lampi gamma non rivelati in ottico, nonostante le osservazioni rapide, sono una minoranza “dark” spiegata con assorbimento nella galassia di origine.
E in radio? I lettori delle GCN sanno che la rivelazione dei GRB in radio è più rara, spesso vengono riportati dei limiti superiori. Le non rivelazioni non sono dovute a mancanza di interesse da parte dei radioastronomi. Ogni lampo gamma rivelato da SWIFT e posizionato con precisione grazie all’immagine X viene studiato anche dai radiotelescopi.
E’ un problema di sensibilità? E’ questa la domanda che si sono posti Hancock, Gaensler e Murphy e la loro risposta è (stranamente) negativa. Hanno usato i dati collezionato dal VLA per 178 lampi gamma applicando la tecnica di stacking. Lavorando con la somma di tutte le immagini relative ai GRB non rivelati si sono resi conto che nessuno sforzo riusciva a fare emergere anche una flebile emissione. A leggere il loro lavoro http://arxiv.org/abs/1308.4766 sembra evidente che esistano due tipi di lampi gamma: quelli che hanno emissione radio e quelli che non ce l’hanno. Rimane da capire cosa determini questo diverso comportamento. Secondo gli autori la differenza è dovuta a qualche meccanismo intrinseco al motore del GRB che sopprime l’emissione radio.
Cercando qualche altra caratteristica che differenzi la fenomenologia dei lampi gamma con e senza emissione radio, gli autori guardano all’efficienza gamma, cioè al rapporto tra l’emissione immediata e quella della luminescenza residua. I lampi brillanti in radio hanno un rapporto piccolo, quindi hanno un meccanismo di emissione che favorisce l’emissione ritardata rispetto a quella immediata, mentre per quelli senza emissione radio succede il contrario. A partire da queste considerazioni, ancora una volta fenomenologiche, elaborano una loro interpretazione basata sulla natura dell’esplosione o, meglio, su ciò che rimane a seguito dell’esplosione che genera il lampo. Esplosioni che generano buchi neri avrebbero un comportamento radio diverso da quelle che generano stelle di neutroni. Alla base di tutto ci sarebbe la dipendenza dell’efficienza gamma dal campo magnetico. I dati attualmente disponibili, però, non permettono ancora di arrivare a conclusioni convincenti. Gli autori fanno delle previsioni, vedremo se la popolazione sempre crescente di lampi gamma ben seguiti nella loro evoluzione post lampo darà loro ragione