Il prossimo 9 e 10 gennaio a Washington si svolgerà un summit mondiale incentrato sull’esplorazione spaziale. Una riunione molto importante perché da una parte prevede la partecipazione dei vertici, e relative delegazioni, di tutte le più importanti agenzie spaziali al mondo, comprese quelle dei paesi emergenti. Da un’altra parte sembra dimostrare l’intento della NASA, e con essa degli Stati Uniti d’America, di voler riprendere un ruolo guida nella politica spaziale mondiale. Un ruolo che negli ultimi anni era venuto meno e per diverse ragioni. Tra queste la crisi economica che ha favorito la politica individualista di George Bush Jr, che avrebbe voluto gli americani da soli sulla Luna, accantonando il sogno di conquistare Marte, favorendo esclusivamente gli interessi industriali. Che però non possono essere l’unico motivo dell’esplorazione spaziale.
L’attuale amministratore dell’agenzia spaziale americana, Charles Bolden, dopo essersi trovato di fronte ad una situazione difficile, e grazie anche al sostegno di una parte del congresso, è ora tornato a parlare di futuro e non di esclusivo interesse economico, derivante dalle applicazioni tecnologiche. Ed è proprio la voglia di conquista del futuro che porta benefici di ogni tipo: scientifici sociali, civili ed economici. Per questo l’appuntamento di Washington, dopo anni difficili, sembra aprire una stagione di grande avvenire per l’esplorazione spaziale.
E probabilmente si tornerà a parlare della conquista umana di Marte. Una conquista già oggi tecnologicamente affrontabile. Anni fa, all’Agenzia Spaziale Italiana, insieme con Carlo Rubbia, ci lavorammo un bel po’, anche facendo un brevetto. Poi cambiò la stagione politica… e abbiamo perso 16 anni ed una grandissima occasione. Ora si tratta di mettersi tutti insieme, ancora di più che per la Stazione Spaziale Internazionale e, in piena sicurezza per gli astronauti, mettere piede su Marte.
Certo non è banale. Serve, ad esempio, uno sforzo iniziale per avere il propulsore adatto per andare e tornare dopo una breve permanenza. Poi una base spaziale, anzi un vero e proprio cantiere navale, che potrebbe essere realizzata sul punto di Lagrange L1, tra la Terra e la Luna. Sarebbe la base dove montare l’astronave, portata a pezzi inerti dalla Terra. Insomma tecnologicamente siamo già in grado, si tratta di volerlo politicamente perché è un’impresa che deve mettere insieme le risorse di tutti per essere affrontabile.
Per questo a Washington come Presidente del Cospar, oltre che come Presidente INAF, ribadirò l’indispensabilità della massima cooperazione internazionale possibile. Per conquistare lo spazio non si può più parlare in termini di singoli paesi, neanche in termini di continenti, ma come pianeta. Come si può pensare di andare su un altro pianeta se non come pianeta Terra. Sarebbe un controsenso. Sulla Terra possiamo anche difendere il nostro orticello, ma se si guarda fuori, se si pensa in grande, bisogna essere altrettanto grandi.
Siamo in procinto di entrare in una nuova era. La fine operativa della Stazione Spaziale Internazionale dovrà trovarci pronti a intraprendere un nuovo obiettivo che non potrà essere una base sulla Luna, un posto inutile, dove si spreca energia per atterrare e per ripartire e dove sopravvivere è difficilissimo. Ovviamente non su di un asteroide che si muove velocissimo e diventa subito irraggiungibile. No, la base giusta, ribadisco, è nel punto a gravità zero tra la Terra e la Luna. Un porto da dove far partire le navi dell’esplorazione umana dei pianeti o delle loro lune.
È un obiettivo ambizioso ma raggiungibile e che necessita della cooperazione di tutti, di quel pensare in grande indispensabile per dare un futuro all’umanità che vada oltre il nostro pianeta.