È ora di fare un po’ di pulizia nello spazio. In orbita attorno alla Terra ci sono migliaia di relitti spaziali, satelliti ormai non più in uso che da anni si cerca di riciclare o eliminare. Con oltre 20mila oggetti, di cui appena un migliaio di satelliti ancora integri, meno della metà funzionanti, la spazzatura spaziale sta diventando un problema sempre più serio, anche perché si trova in una fascia tra gli 800 e i 1.400 chilometri dalla superficie del pianeta e ogni detrito ruota a velocità terrificante. Alcuni dei frammenti misurano più di 12 centimetri, mentre quelli più piccoli sono ben oltre 350 mila.
Una delle tante possibili soluzioni arriva dal Giappone, dove un gruppo di ricercatori dell’Agenzia spaziale giapponese (Jaxa) sperimenteranno nel febbraio prossimo un nuovo metodo per catturare la spazzatura in orbita attirandola nella nostra atmosfera dove successivamente si disintegrerebbe. Gli scienziati hanno sviluppato una particolare rete magnetica formata da una serie di cavi sottili di alluminio e acciaio inossidabile. L’estremità di uno dei cavi, una volta agganciato a un detrito in orbita, genererebbe una corrente elettrica – indotta dal campo magnetico terrestre – sufficiente per rallentarlo e trasferirlo verso orbite sempre più basse fino al rientro nell’atmosfera, dove le alte temperature lo distruggerebbero.
“L’esperimento è espressamente stato pensato per contribuire alla pulizia dello spazio”, ha detto Masahiro Nohmi, dell’Università di Kagawa. Il progetto verrà lanciato il prossimo 28 febbraio: si tratta di un satellite con a bordo questa rete. “Due sono i nostri obiettivi nella prova del prossimo mese: estendere la rete fino a 300 metri e controllare il trasferimento di elettricità”, ha detto. Per l’aggancio vero e proprio occorrerà attendere le missioni successive, forse nel 2015.
La presenza dei rifiuti spaziali provoca problemi per gli scienziati che devono cercare di impedire la loro collisione con nuove missioni a causa dei danni enormi che potrebbero provocare. I detriti erano appena 5 mila fino agli anni Sessanta, poi sono cresciuti esponenzialmente. Nonostante i grandi rischi che si corrono, le collisioni sono tuttavia rare: l’ultima risale al febbraio del 2009 e ha coinvolto un satellite Iridium-33 ancora in attività e un satellite militare russo ormai non operativo, moltiplicando, ovviamente, il numero dei frammenti in orbita.
L’ESA e le altre agenzie spaziali stanno pensando anche a nuovi metodi per riciclare i materiali e le strumentazioni già in orbita. Sul tavolo anche nuove idee per materiali da usare in missioni future. L’Agenzia Spaziale Europea sta pensando di riutilizzare il carburante dei missili; le leghe metalliche potrebbero essere macinate per essere poi riutilizzate nella stampa 3-D; i sistemi di supporto vitale potrebbero usare materiali biodegradabili.