Era dall’8 giugno del 2011 che i membri del team della sonda europea Rosetta attendevano questo momento. Da quando, al fine di risparmiare preziosa energia – necessaria a portare a termine la sua avventurosa missione verso la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko – la navicella era stata costretta a entrare in letargo, sospendendo completamente non solo le operazioni ma anche ogni forma di comunicazione con la Terra.
Questa mattina, alle 11 ora italiana, dopo trentuno mesi di isolamento completo nel silenzio assoluto dello spazio profondo, a 800 milioni di chilometri dal nostro pianeta, la sveglia di bordo di Rosetta aveva squillato. Dando il via a una suspense nella suspense, un’attesa al cardiopalmo: riuscirà a sentire l’allarme e a riprendersi, dopo un intervallo così lungo? Si sveglierà?
L’addestramento prevedeva che, al risveglio, Rosetta avrebbe subito dovuto “telefonare a casa”, per così dire: far sapere che s’era destata e che era pronta ad attendere nuovi ordini. Viaggiando alla velocità della luce, il “trillo” avrebbe impiegato 45 minuti per attraversare la porzione di Sistema solare che ci separa. Per captarne il segnale, già dal primo pomeriggio si erano attivate due enormi orecchie da 70 metri di diametro ciascuno: l’antenna di Goldstone della NASA, in California, nel deserto del Mojave, e il Canberra Deep Space Communication Complex, in Australia.
La segreta speranza di tecnici e scienziati dell’ESOC, il centro di controllo delle missioni spaziali dell’ESA, a Darmstadt (Germania), era che la sonda rispondesse in anticipo, così da poter finalmente riprendere a respirare. Ma all’aggiornamento delle 16.45 ancora nulla. «No signal yet. All nominal», facevano sapere dalla Control Room simulando disinvoltura e cercando di porre l’accento sull’all nominal: tutto secondo i piani. Ma dopo 957 giorni di silenzio era inevitabile che anche per loro, come per noi comuni mortali, quel no signal yet, per quanto in linea con la tabella di marcia, fosse destinato a occupare tutto lo spazio emotivo. Non c’era altro da fare che attendere…
Attesa densa di preoccupazione che si è protratta in un’atmosfera tesissima per quasi mezz’ora oltre il previsto. Attesa terminata con un applauso liberatorio solo alle 19.18 ora italiana, quando l’antenna di Canberra ha captato l’agognato segnale, confermato in diretta webcast dall’operation manager della sonda, Andrea Accomazzo, emozionatissimo. E immediatamente rimbalzato via Twitter all’intero pianeta: eccomi, ci sono ancora, attendo ordini.
«È stata una bella suspense», ha commentato a caldo il presidente dell’INAF Giovanni Bignami. «Siamo tutti molto felici, i prossimi mesi ci regaleranno momenti importanti per la conoscenza umana. E l’astrofisica italiana, con i suoi strumenti a bordo della sonda, ne sarà protagonista».
Per saperne di più:
- Ascolta l’intervista rilasciata a Media INAF da Paolo Ferri, responsabile delle operazioni di missione ESA, pochi minuti dopo la ricezione del segnale da Rosetta