Il 22 gennaio è stata scoperta una Supernova in M82 (SN 2014J) in una delle galassie più vicine alla Via Lattea, a “solo” 4 Megaparsec (4 milioni di parsec) di distanza . La scoperta è avvenuta durante una dimostrazione ad un gruppo di studenti a Londra: M82 è visibile anche con piccoli telescopi amatoriali ed è tra le galassie più fotografate dagli astrofili. Supernovae cosi vicine sono rare, di media una ogni tre-quattro anni.
Dall’analisi dello spettro di SN 2014J è stato possibile verificare che si tratta di una SN di tipo Ia e diverse immagini mostrano l’evoluzione della Supernova a partire da poche ore dopo l’esplosione. Questo tipo di esplosione stellare è catastrofica: la stella progenitrice viene completamente distrutta e il materiale di cui è composta scagliato nello spazio circostante a velocità di 10-20.000 km/s. L’esplosione non lascia nessun resto compatto come invece avviene per Supernovae di altro tipo (core-collapse) che danno origine alle stelle di neutroni. Quando raggiungono il picco di luminosità, le Supernovae Ia non solo sono estremamente brillanti e per questo visibili anche a miliardi di anni luce di distanza ma presentano anche una luminosità intrinseca costante. Questa proprietà le rende “candele standard“ di eccezionale utilità. Saul Pelmutter, Adam Riess e Brian Schimdt studiando la luminosità delle Supernovae-Ia a grandi redshifts hanno scoperto l’espansione accelerata dell’Universo e hanno ricevuto il premio Nobel per la fisica nel 2012. (vedi Media INAF).
Paradossalmente, nonostante l’enorme importanza che le Supernovae-Ia hanno nel moderno dibattito cosmologico, ancora non conosciamo con certezza il tipo di sistema binario che produce queste esplosioni, se la coalescenza (fusione) di due nane bianche o l’esplosione di una nana bianca che accresce gli strati esterni di una stella vicina.
“L’esplosione di una SN Ia cosi vicina è un occasione straordinaria per studiarne in dettaglio il progenitore della SN- dice Maria Teresa Botticella (Osservatorio di Capodimonte, INAF-Napoli) – stiamo analizzando le immagini acquisite prima dell’esplosione con i telescopi spaziali come l’Hubble Space Telescope o Spitzer. Purtroppo da una prima analisi delle immagini di HST non è stato possibile rivelare direttamente il progenitore della SN che probabilmente è nascosto da una coltre di polveri. Superata l’iniziale delusione abbiamo accettato subito la nuova sfida: cercare di osservare oltre le nubi di polvere, con immagini ottenute nell’ infrarosso”. “Stiamo perseguendo il medesimo goal, cioè lo studio del progenitore, con un approccio complementare – aggiunge Stefano Benetti (INAF, Padova) – attraverso l’osservazione spettroscopica ad alta risoluzione con il Telescopio Nazionale Galileo, della Supernova, che ci permetterà di studiare l’interazione tra il mezzo interstellare distribuito attorno alla stella progenitrice e l’intenso campo di radiazione prodotto dall’esplosione e gli ejecta espulsi dalla SN”.