Uno dei primi istinti dell’uomo è stato quello di contemplare la volta celeste. Una delle prime attività umane è stata l’edificazione di megaliti e costruzioni. Astronomia e architettura hanno viaggiato per migliaia di anni a stretto contatto, e oggi sappiamo che nell’antichità molte popolazioni orientavano i propri edifici secondo particolari allineamenti astronomici, seguendo e analizzando i movimenti del Sole e degli astri.
Dallo studio di queste connessioni nasce l’archeoastronomia, una scienza interdisciplinare che per fornire analisi precise deve fare i conti non solo con la posizione delle stelle e con i reperti archeologici, ma anche con l’iconografia, l’interpretazione dei testi e la storia filosofica, religiosa e culturale dell’uomo.
Orientamenti astronomici sono stati riscontrati in centinaia di templi e altri edifici religiosi e no di tutto il mondo. Ma quanti di questi allineamenti sono puramente casuali e quanti sono invece il riflesso di una precisa storia culturale? Uno dei primi compiti di un archeoastronomo è proprio quello di dimostrare che gli allineamenti non siano solo frutto del caso. “Per farlo l’archeoastronomia moderna usa tutte le fonti, comprese addirittura, quando ci sono, le fonti etnologiche”, spiega Giulio Magli, professore ordinario alla facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano, dove tiene l’unico corso universitario di archeoastronomia in Italia. “Per esempio ci sono ancora oggi delle popolazioni rurali che usano il calendario Tzolkin di 260 giorni, il calendario sacro dei Maya di mille anni fa. E gli studiosi dei Maya hanno oggi ormai chiaro il fatto che conoscere l’astronomia e l’archeoastronomia sia un tassello chiave per provare a capire un sito maya”.
Quando si parla del rapporto tra monumenti e stelle il pensiero corre inevitabilmente alle piramidi di Giza. “In Egitto il legame dell’architettura con l’astronomia è quello di un’identità culturale che rimane sostanzialmente immutata per tremila anni”, dice Magli. Ma esempi simili si trovano anche nel mondo greco, dove, spiega, “la stragrande maggioranza dei templi è orientata con il sorgere del Sole, come molte chiese cristiane, riflesso anche qui di un profilo culturale molto preciso”. Profilo che nessuno ha mai dimostrato essere presente negli edifici di culto dell’Antica Roma. “Il tempio romano ha tipicamente un’orientazione o casuale o che dipende dall’impianto urbano della città e dalle caratteristiche topografiche. Nessuno ha mai dimostrato una ricorrenza di orientazione nei templi romani, e certo non lo si può fare partendo da una sola città: ci vorrebbe un database completo”, spiega Magli.
Il riferimento è alla ricerca presentata qualche giorno fa da Vance Tiede sugli edifici sacri di Pompei. “Ma nella cultura romana è soprattutto l’imperatore a essere legato ai moti celesti”, racconta Magli. “Uno degli esempi è il Pantheon, che è costruito in modo tale da celebrare il natale di Roma, il 21 aprile. In quel giorno il fascio di luce che entra dall’oculo colpisce direttamente l’ingresso, a mezzogiorno. Questo fenomeno, che abbiamo studiato Robert Hannah ed io qualche anno fa, era già conosciuto nella tradizione culturale della città, e descritto per esempio nei disegni del 1700 di Giovanni Battista Piranesi”. Relazioni tra la fondazione di Roma, la figura dell’imperatore e la volta celeste sono presenti in diverse costruzioni romane, come ad esempio nella Domus Aurea o nella Meridiana di Augusto. Non è così per quanto riguarda le divinità. “Per i templi siamo ancora molto lontani dall’avere un database completo e quindi una conoscenza statistica adeguata. Questo nuova analisi dei templi di Pompei può essere interessante dal punto di vista della catalogazione. Mancano però ancora delle informazioni culturali e archeologiche forti per poterne trarre delle conclusioni”. D’altra parte il fatto che un edificio sia allineato con un qualche moto celeste non è di per sé un’evidenza particolarmente significativa vista, banalmente, l’enorme quantità di stelle nel cielo.
L’indubbio fascino che si porta dietro questa disciplina, con i suoi echi ancestrali e le suggestioni culturali, porta spesso a forti invasioni di campo da parte di amatori che, anche in buona fede, con le loro ricerche poco rigorose finiscono per complicare il lavoro degli scienziati.”Un esempio classico sono gli Etruschi”, racconta Magli. “Sugli etruschi si trovano in giro le sciocchezze più terrificanti, e fino a poco tempo fa gli etruscologi guardavano con sospetto qualsiasi ricerca di stampo archeastronomico”.
Eppure in Italia ci sarebbe molto materiale su cui lavorare. “Nei dintorni di Roma ci sono dei monumenti fantastici: l’acropoli di Circei, l’acropoli di Alatri, le mura di Segni, le mura poligonali di Norba”, monumenti megalitici le cui origini sono ancora incerte e sulle quali un serio studio archeoastronomico potrebbe portare a risultati interessanti.
Rimanendo in Italia, uno studio recente, a firma di Stella Vittoria Bertarione e dello stesso Magli, ha da poco analizzato l’orientamento astronomico di Aosta. “È stato un lavoro in forte cooperazione con l’archeologia. In quelle zone gli archeologi hanno scoperto un blocco inciso che si riferisce all’atto di fondazione della città. Aosta, che portava il nome di Augusta Pretoria, venne fondata da Augusto. Lo studio ha dimostrato che la città è orientata verso il sorgere del Sole sul solstizio di inverno e cioè, all’epoca, nel Capricorno, segno associato all’imperatore”.